È senza dubbio un titolo provocatorio, è in realtà un pretesto per ricordare, in modo sintetico, i passaggi e i momenti di ampia trasparenza e coinvolgimento a cui, nel nostro Paese, è sottoposta ogni proposta progettuale di un’opera infrastrutturale.
Il progetto infatti viene approvato dall’organo proponente (Regione, Comune, ANAS, Ferrovie dello Stato, ecc.), viene inoltrato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e contestualmente a tutti gli organismi direttamente o indirettamente interessati (Regione, Provincie, Comuni, Ministero dei Beni Culturali, Ministero dell’Ambiente, ecc.). Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti lo sottopone al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e convoca la Conferenza dei Servizi a cui partecipano tutti i vari soggetti interessati al progetto. In tale sede pervengono i pareri formulati dai vari Dicasteri e in particolare quelli del Ministero dei Beni Culturali e del Ministero dell’Ambiente. Il progetto inoltre è supportato da apposito provvedimento: la Verifica di Impatto Ambientale. Concluso questo non facile itinerario, il progetto viene inoltrato al Dipartimento della Programmazione Economica presso la Presidenza del Consiglio, il quale effettua una ulteriore istruttoria e lo sottopone all’esame di un pre CIPE, in cui si effettua un ulteriore confronto e, soprattutto, si acquisisce il parere del Ministero dell’Economia e delle Finanze in merito alla copertura finanziaria dell’opera e alla sua coerenza alle linee programmatiche. Il progetto quindi viene sottoposto al CIPE e una volta approvato viene inoltrato alla Corte dei Conti che, a sua volta, effettua, prima della registrazione, una ulteriore istruttoria.
Ebbene, in questa lunga e, ripeto, non facile lettura della proposta progettuale il territorio nella sua caratterizzazione istituzionale è presente in quanto i Sindaci, i Presidenti delle Provincie, i Presidenti delle Regioni sono sistematicamente presenti e coinvolti. Ed allora mi chiedo in cosa consiste questa maniacale ricerca del consenso, in cosa consiste questa ricerca del pluralismo decisionale? Un pluralismo tra l’altro che si trasforma quasi sempre in falsi e preoccupanti compromessi localizzativi.
Quindi questo strumento rischia di diventare davvero una assemblea condominiale, produce un ulteriore filtro, un ulteriore ritardo (di almeno sei mesi) alla attuazione di un’opera e contestualmente si configura come un regalo politico a qualche falso ambientalista. Preciso “falso ambientalista” perché i veri ambientalisti non accettano compromessi.
Anche in questo caso prende corpo il dubbio che questa assurda ricerca nel rendere difficile l’intero itinerario trovi la piena condivisione del Dicastero dell’Economia e delle Finanze: ritardare significa rinviare ogni possibile erogazione. Spero che questa sia solo una mia malignità perché un simile comportamento rinvierebbe non la erogazione delle risorse ma la crescita organica del Paese. Spesso, però, penso che la mia non sia una malignità perché questo atteggiamento frenante emerge di continuo ed è sufficiente un dato: negli ultimi due anni ci sono stati solo quattro CIPE, un CIPE ogni sei mesi. Stranamente nessuno dice nulla, forse fa comodo un Paese fermo; il fare produce dissenso e il débat public è una ulteriore occasione per ricercare un consenso che si spera non arrivi mai?
Prima o poi ci sveglieremo e capiremo quanto è stato grave ricorrere a discutibili logiche riformatrici quali l’annullamento della Legge Obiettivo, la istituzione dei Codici degli Appalti e infine il débat public; purtroppo quando lo capiremo sarà troppo tardi.