Quando iniziai la mia esperienza nel progetto Treno Alta Velocità sotto la guida di Lorenzo Necci e insieme all’ingegnere Emilio Maraini a cui si deve una percentuale elevatissima del successo del progetto e della qualità tecnologica dell’intero impianto (rete e rotabile), dopo un po’ di tempo mi resi conto che il fattore vincente della offerta ferroviaria con treni veloci non era assolutamente la “velocità”, ma la frequenza. Il successo era legato essenzialmente alla possibilità di avere un treno con una sistematicità tale da annullare davvero la concorrenza, fino ad allora, dell’auto.
La distanza da Roma a Napoli, infatti, oggi è di un’ora e dieci primi, ma se, ipotiziamo, una frequenza del numero dei treni bassa, la distanza temporale tra Roma e Napoli non è di un’ora e dieci primi, ma risulta essere uguale all’arco temporale che intercorre tra quando intendo recarmi a Napoli e quando è realmente disponibile un treno per Napoli. Appare evidente che se sono disponibili treni ogni due ore la distanza reale raggiunge la soglia delle tre ore e dieci e, automaticamente, l’auto privata diventa vincente.
In fondo come detto da molti e in tempi lontani dal Dott. Cuccia: la rete ad alta velocità è la nuova metropolitana di una città che si chiama Paese. Questa definizione nel tempo è stata usata da tanti e anche da me. Ma per essere davvero una metropolitana deve possedere, come caratteristica fondamentale, una elevata frequenza.
Questa lunga premessa per ribadire un concetto, forse oggi banale, ma fino a pochi anni fa non facile da comprendere per le Ferrovie dello Stato: ben venga un altro soggetto capace di offrire un servizio di treni ad alta velocità. Il concessionario NTV, con “Italo” , rappresenta una concorrenza benedetta, perché, aumentando il numero di treni giorno offerti alla utenza, attira davvero la domanda a tal punto da abbattere anche possibili confronti di tipo economico tra ferrovia ed auto privata, in quanto risponde in modo incontrastabile alle esigenze del fruitore, non di una singola realtà urbana, ma di una realtà territoriale vasta, addirittura vastissima.
Per assurdo, sarebbe auspicabile, la nascita di un altro “Italo” per raggiungere livelli di saturazione della rete e, anche in questo caso, sarebbe opportuno effettuare una attenta analisi sugli investimenti e sulle sofferenze iniziali, che un operatore privato deve sostenere per rendere concreta una simile offerta ferroviaria.
Nel mondo delle Ferrovie dello Stato, per molto tempo, si è ritenuto quasi un regalo quello offerto al Concessionario NTV, in quanto quest’ultimo gode di costi di infrastrutturazione elevati effettuati dallo Stato, ma, senza entrare nella modalità con cui NTV paga il pedaggio, cioè senza entrare negli oneri della concessione che sicuramente tengono conto di parte degli investimenti effettuati dallo Stato, penso che l’attrazione della domanda, per le poche considerazioni dette prima, costituisca un significativo ritorno di investimento per le Ferrovie dello Stato e per il Concedente primario che si chiama Stato italiano.
Di uno Stato che, per la prima volta, vede la offerta ferroviaria capace di fare “utili”, vede una componente del core business del Gruppo delle Ferrovie dello Stato in grado di poter accedere in Borsa, assiste concretamente ad un fenomeno solo venti anni fa inimmaginabile: servire con 1000 Km di rete ferroviaria oltre 12 milioni di cittadini.
Occorre ora un’altra sfida, una sfida in parte già partita: utilizzare la rete anche per il trasporto delle merci; la nuova logistica, le nuove filiere merceologiche sono pronte ad ampliare ulteriormente le potenzialità possedute da questo progetto che inizialmente tutti, dico tutti, ritenevano dannoso e fallimentare.
“…la rete ad alta velocità è la nuova metropolitana di una città che si chiama Paese…”
Solo per chi abita in pochissimi centri urbani, e solo se dotato di redditi di un certo livello.
Gli altri guardano, e pagano ovviamente.
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