I DISTRETTI LOGISTICI UN OBIETTIVO INVOCATO DA SEMPRE E MAI ATTUATO

In origine, il Piano Generale dei Trasporti, approvato nel 1986, aveva indicato sette interporti: Orbassano, Rivalta Scrivia, Lacchiarella, Verona Quadrante Europa, Padova, Bologna e Nola – Marcianise, nell’aggiornamento del Piano, con apposito strumento legislativo (Legge 240/1990), gli interporti diventarono nove con gli interporti di Livorno Guasticce e Parma, negli anni questo numero ha, addirittura, superato la soglia dei trenta impianti utilizzando la definizione di interporti di primo e secondo livello.

Questa frenetica corsa degli Enti locali (Regioni, Provincie e Comuni) a recuperare nel proprio ambito territoriale funzioni strategiche ritenute essenziali per la crescita e lo sviluppo, nella maggior parte dei casi, si è rivelata semplicemente una banale forma di provincialismo, una banale forma di rivendicazione priva di adeguato supporto tecnico – economico.

Fondamentalmente i sette interporti iniziali rispondevano ad una precisa intuizione: creare, insieme ai sette sistemi portuali definiti sempre dal Piano Generale dei Trasporti, i primi “macro distretti logistici” del Paese.

Oggi, partendo proprio dal fallimento creato dalla esplosione dei cosiddetti interporti e utilizzando le nuove Autorità di sistema portuale, potremmo avviare, finalmente, la costruzione nel nostro Paese di  “Distretti Logistici”. Un simile nuovo approccio produrrebbe, come primo risultato, l’annullamento del concetto di “confine territoriale”, l’annullamento della identificazione fisica dello spazio comunale, provinciale e regionale e prenderebbe corpo, invece, la definizione di tessere ricche di omogeneità funzionali e di convenienze geo – economiche tutte capaci di dare origine ad un mosaico Paese in grado di confrontarsi ed interagire in modo paritetico con altri “sistemi logistici Paese” della Unione Europea.

Evitando di rimanere su livelli generici e teorici, cerco di effettuare e esporre alcune prime simulazioni di solo sei distretti logistici. Di seguito sono riportati i possibili nodi principali di tali distretti, solo una prima bozza, ricca forse di dimenticanze e di errori concettuali, ma che serve a rendere chiara l’idea esposta.

Primo Distretto Logistico ·   Interporti di Orbassano, Novara Boschetto, Rivalta Scrivia, Parma

·   Piastre logistiche di Malpensa, Brescia, Piacenza, Modena

·   Porti di Savona, Genova, La Spezia, Ravenna

Secondo Distretto Logistico ·   Interporti di Verona, Padova, Trento

·   Piastre logistiche di Vicenza e di Treviso

·   Porti di Venezia, di Trieste

Terzo Distretto Logistico ·   Interporti di Guasticce, Orte, Perugia

·   Piastre logistiche di Ortona, Roma Nord, Fiumicino, Pomezia

·   Porti di Livorno, Civitavecchia, Ancona

Quarto Distretto Logistico ·   Interporti di Nola Marcianise, Fondi, Bari La Masinata

·   Piastre Logistiche di Battipaglia, Termoli, Tito

·   Porti di Napoli, Salerno, Gioia Tauro, Reggio Calabria, Bari, Taranto e Brindisi

Quinto Distretto Logistico ·   Interporti di Catania Bicocca e Termini Imerese

·   Piastra logistica di Trapani

·   Porti di Messina, Catania, Augusta

Sesto Distretto Logistico ·   Piastre logistiche di Sassari e Nuoro

·   Porti di Cagliari e Olbia

Ogni Distretto potrebbe dare origine a organismi capaci di essere catalizzatori di finalità strategiche, mirate ad ottimizzare al massimo le attività e le funzioni produttive presenti all’interno e nell’intorno dei vari nodi logistici, presenti all’interno dello stesso Distretto logistico e potrebbe costruire un Fondo Rotativo di Solidarietà e di Sostegno. Tale Fondo Rotativo diventerebbe lo strumento, al tempo stesso, aggregante dei vari impianti logistici e garante per il supporto di riconversioni e modifiche funzionali di alcuni assetti produttivi.

Occorre pertanto trasformare l’attuale confusione di ruoli e di funzioni pubbliche e private in organismi capaci di programmare e progettare, davvero, gli assetti e le potenzialità produttive di vaste aree del nostro Paese. Non è stato facile in passato e non lo sarà in futuro, ma non farlo significa regalare ad altri la gestione delle convenienze e, in modo irreversibile, essere spettatori e non attori di ciò che spesso chiamiamo “crescita” senza capirne il significato.

1 comment

  1. Grazie per questo prezioso stimolo alla crescita di un sistema in stallo ormai da troppo tempo.
    Per il contesto attuale del paese Il concetto di liberare il sistema dai confini spaziali del provincialismo è culturalmente rivoluzionario ma è anche imprescindibile.
    Inutile sperare nella politica, chi saranno allora i nuovi attori del cambiamento?

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