Ho ritenuto opportuno, per consentire una oggettiva analisi critica, riportare di seguito la serie di “bonus”, presenti nella manovra finanziaria 2018 che il Parlamento approverà entro il 31 dicembre prossimo, poiché i circa 12,2 miliardi di € sono risorse immediatamente utilizzabili, sono risorse non in “conto capitale” ma trasferimenti diretti. Tutte queste risorse caratterizzano sempre più lo Stato “buono”, lo Stato che aiuta i cittadini a superare la crisi, lo Stato che cerca in tutti i modi di riequilibrare la distanza tra abbienti e non abbienti.
Una simile operazione nel 2017 è costata 11 miliardi di € e per il prossimo anno, in concomitanza con una verifica elettorale, il costo ha raggiunto, ed è una stima per difetto,12,2 miliardi di €.
BONUS | in euro |
Bonus pollice verde | 6,5 milioni |
Bonus sconto bus | 98,3 milioni |
Bonus dilettanti | 8,7 milioni |
Bonus 80 euro | 9,2 miliardi |
Bonus ristrutturazioni | 125,5 milioni |
Bonus efficientamento energetico | 72,7 milioni |
Bonus mobili | 43,5 milioni |
Bonus diciottenni | 290 milioni |
Bonus docenti | 581 milioni |
Bonus iscrizione università | 85 milioni |
Bonus premio alla nascita | 390 milioni |
Bonus nido | 250 milioni |
Bonus bebè | 85 milioni |
Bonus ristrutturazione alberghi | 60 milioni |
Bonus assunzioni under 35 | 889 milioni |
12.185,4 milioni |
Questo Stato “compassionevole” dimentica, invece, di assegnare risorse in conto capitale per realizzare infrastrutture e, cosa ancor più grave, dimentica di dare concreta attuazione anche alle opere supportate da risorse assegnate in passato.
Senza dubbio la logica dei “bonus” produce, nel breve periodo, consenso, ma quando, fra qualche mese, si effettuerà un bilancio sull’operato del Governo, in questi ultimi tre anni di Legislatura, emergerà, in modo inequivocabile, che si è assistito solo o alla conclusione di opere avviate in passato grazie alla Legge Obiettivo o alla definizione di quadri programmatici supportati dalle risorse comunitarie 2014 – 2020, unicamente “definizione di quadri programmatici”.
Le famiglie italiane non hanno bisogno di elargizioni aggiuntive ai salari minimi, le famiglie italiane hanno bisogno di non spendere annualmente 48 miliardi di € per muoversi all’interno delle città, le famiglie italiane hanno bisogno di infrastrutture che assicurino davvero la stabilità del territorio, le famiglie italiane hanno bisogno di salari provenienti da un sistema produttivo capace, grazie alla offerta organica delle infrastrutture, di essere concorrente con le altre realtà produttive dell’Unione Europea.
Tentare il riequilibrio con forme assistenziali, con la logica degli incentivi, significa sempre più allontanare il nostro Paese da ciò che chiamiamo “crescita”.
So benissimo che queste mie considerazioni vengono valutate a primo impatto impopolari, per tentare di essere più convincente e più esplicito fornisco un solo esempio: il bonus per il trasporto pubblico locale, quello che prevede una detrazione del 19% fino a 250 euro sugli abbonamenti ai mezzi pubblici, non produce alcun vantaggio reale per la intera offerta trasportistica locale in quanto genera una attrazione aggiuntiva limitata della domanda di trasporto.
I 98,3 milioni potevano sicuramente essere più utili se trasformati in rata annuale per acquisto di mezzi di trasporto urbano; una rata per dieci anni avrebbe assicurato un investimento di oltre 900 milioni di €. Avremmo così ottenuto un concreto arricchimento della offerta trasportistica locale e, al tempo stesso, una rilevante ricaduta nel comparto industriale.
Queste considerazioni critiche sulle manovre finanziarie dell’ultimo triennio, ricche di “assistenzialismo” e povere di azioni concrete sul fronte degli investimenti in infrastrutture, dovrebbero poter attivare un momento di autocritica costruttiva sia per chi ha governato, sia per chi stando alla opposizione ha preferito non denunciare un simile assurdo uso delle risorse. Invece, purtroppo, in modo anacronistico in questi ultimi tre anni ci siamo lasciati incantare dalle sirene del populismo demagogico senza neppure accorgercene.