IL CORAGGIO DI AMMETTERE GLI ERRORI SEMPRE PIU’ RARO: IL CODICE APPALTI NE È UN ESEMPIO

Il Presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) Gabriele Buia in un articolo comparso giorni fa su “Il Sole 24 Ore” esprime la sua “soddisfazione per la grande lungimiranza amministrativa del Presidente dell’ANAC Raffaele Cantone ma anche un richiamo alle responsabilità del prossimo Governo che dovrà lavorare da subito alla creazione di una normativa sugli appalti più europea, senza però lasciare le imprese in balia di pericolosi vuoti normativi. Quindi, non un azzeramento del codice, pure invocato da qualche parte politica e via libera a un correttivo robusto”.

Consiglierei al nuovo Presidente dell’ANCE di soffermarsi un attimo prima di prospettare possibili disponibilità nella rivisitazione parziale di uno strumento che, proprio il suo mondo, proprio un comparto strategico dell’economia del Paese, ha verificato direttamente vivendo in questi ultimi anni una crisi che rischia di diventare irreversibile.

Innanzitutto ricorderei al Presidente Buia che il Parlamento ha approvato una delega al Governo per produrre un Decreto Legislativo con scadenza definitiva il 10 aprile 2017; il primo Decreto legislativo il numero 50 fu approvato il 18 aprile del 2016 e dopo una evidente verifica delle assurdità in esso contenute fu rimodulato e così approvato il 19 aprile del 2017 ed in fine pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 5 maggio del 2017. Appare evidente che il provvedimento avendo concluso il suo iter formale dopo la data del 10 aprile 2017 (data di validità della delega al Governo) è a tutti gli effetti non valido. Quindi nel migliore dei casi il provvedimento in vigore è il decreto Legislativo 50 del 18 aprile 2016. Questa analisi sembra davvero incredibile testimonia ancora una volta il dramma che il comparto delle costruzioni vive in questo Paese e per questo motivo mi meraviglio che come primo ed unico atto l’ANCE non abbia immediatamente denunciato questa sostanziale anomalia e non abbia, nelle more della rivisitazione formale, o chiesto il mantenimento temporaneo del passato Decreto Legislativo 163 del 2006 o il rispetto temporaneo delle direttive comunitarie che regolano i rapporti contrattuali.

Dopo questa banale constatazione non resta che chiedersi come mai il Dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti in questi ultimi due anni sia rimasto assente di fronte alla stasi o al virulento contenzioso generato dalle gare bandite dalle varie stazioni appaltanti e come mai l’ANAC ha redatto anche delle linee guida sull’attuazione del nuovo Codice senza rendersi conto che è certamente anomalo indicare codici comportamentali nell’attuazione di un provvedimento che è sicuramente stato redatto da soggetti che dimostrano di non conoscere affatto un mondo che incide sul PIL per oltre il 12%, di non conoscere un mondo in cui in assenza di regole corrette si blocca automaticamente un indotto produttivo essenziale per la crescita del Paese.

Evitiamo, quindi, inefficaci tentativi di rivisitazione parziale o di parziale condivisione; la cosa peggiore in un Codice degli Appalti è ricorrere a compromessi o a logiche procedurali che rendono difficile l’espletamento della gara e dilatano l’arco temporale delle procedure al punto tale da rendere, in molti casi, non conveniente la realizzazione di un’opera.

Il mondo dell’ANCE, ad esempio, ha sempre non condiviso delle logiche procedurali per le opere tipologicamente e dimensionalmente più grandi e questo perché la presenza di iscritti all’ANCE per oltre il 90% è fatto da imprese piccole, ma questo atteggiamento, forse condivisibile come difesa degli iscritti alla associazione, proprio in questi anni di grave stasi dell’avvio delle opere e della mancata conclusione delle procedure di gara, ha dimostrato in modo indiscutibile i limiti ed i rischi per l’intero mondo delle costruzioni.

Si è vero, si è riusciti, unico caso nell’Unione Europea e nel mondo, a distruggere il concetto di General Contractor, ma contestualmente è venuta meno la miriade di imprese piccole e medie che direttamente e indirettamente  beneficiavano di un tale istituto.

Questa cattiva esperienza ha già creato gravi danni, mi chiedo infatti quanto sono incrementate le richieste di contenzioso per effetto di una non efficace riforma degli appalti a partire dal 2016? E quanto ulteriore danno produrrà tutto questo in futuro? Le mie sono domande legittime per comprendere meglio il peso dell’operazione finanziaria relativa alla fusione Anas – FS.

Siamo ormai in piena campagna elettorale e attualmente non ha senso chiedere  al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti o al Presidente dell’ANAC o alla stessa ANCE dei possibili correttivi all’attuale Codice (tra l’altro non sappiamo quale), sono interlocutori che purtroppo hanno perso una vera sfida, quella di poter redigere un nuovo Codice degli Appalti con l’unico fine di demolire il Codice precedente, ora trasferiscano alla nuova Legislatura questo compito ammettendo apertamente il loro fallimento.

1 comment

  1. Ben detto!
    Dov’era l’Ance quando sono stati approvati tali provvedimenti?
    Lasciassero lavorare altri, nella speranza che siano migliori, tanto quel che è stato fatto, complice la loro incompetenza, è ormai superato e i danni sono sulle spalle degli associati e del paese intero.

    "Mi piace"

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