DI INCENTIVI SI PUO’ MORIRE. LA TRISTE ESPERIENZA DEL MEZZOGIORNO

Il Decreto Legge 91 del 21 giugno 2017 convertito nella Legge 123 del 2017 è relativo a “Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno” ed affronta tre tematiche senza dubbio critiche come l’occupazione giovanile, il recupero funzionale delle  terre  abbandonate  o   incolte e misure   per   la valorizzazione dei beni non utilizzati e la istituzione delle Zone Economiche Speciali.

Per quanto concerne la prima emergenza, quella legata alla occupazione giovanile – il provvedimento definito mediaticamente “Resto al Sud”- , il Ministro per la coesione territoriale ed il Mezzogiorno Claudio De Vincenti ha incaricato la Società Invitalia di dare concreta attuazione a quanto previsto dalla norma e proprio pochi giorni fa si è potuto leggere su vari quotidiani le linee sintetiche che caratterizzano il bando. In particolare “Resto al Sud”,  a quanto emerge da ciò che si legge sulle varie testate giornalistiche, “si rivolge ai giovani tra i 18 e i 35 anni residenti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, che non abbiano un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che non siano titolari di altre imprese attive, che non abbiano beneficiato di altre agevolazioni negli ultimi tre anni”.

Ritengo che, come avvenuto in passato, questo tipo di bando purtroppo non riuscirà nell’intento di produrre risultati positivi che si prefigge, poiché le startup non possono prendere corpo se si pongono vincoli e pregiudiziali che annullano la forza di una iniziativa, che non può essere legata ad una soglia di età di 35 anni; quasi che l’idea innovativa di un processo produttivo prodotta da un trentanovenne non debba essere presa in considerazione o l’idea progettuale avanzata da un giovane occupato a tempo indeterminato non debba essere accettata. Sono modalità selettive utili solo per limitare l’analisi delle proposte ma, a mio avviso, non sono coerenti alle esigenze di un Mezzogiorno che da sempre ha una crisi occupazionale e che non ha trovato fino ad ora iniziative capaci di ribaltare una simile patologia.

Non voglio assolutamente effettuare una gratuita critica al provvedimento, essendo io meridionale, conoscendone la realtà, comprendo bene la volontà del Governo e del Parlamento di tentare in tutti i modi di ridimensionare questa grave crisi occupazionale, ma ritengo che lo Stato in questo difficile attività che si prepone di realizzare non possa lasciare alla sola libera iniziativa la formulazione di proposte risolutive, il prospettarsi di possibili progetti imprenditoriali, ma debba essere invece catalizzatore di iniziative e debba anche essere motore chiave di scelte che, programmate in passato, in parte avviate in passato, in parte gestite e poi abbandonate, potrebbero essere reinventate e gestite con modalità e certezze finanziarie nuove. Mi riferisco in particolare ad iniziative imprenditoriali legate al comparto dell’abbigliamento o a quelle legate alla ottimizzazione dei processi distributivi di determinati prodotti locali.

Ad esempio, utilizzando proprio i pilastri del Decreto Legge prima richiamato, si sarebbe  potuto in alternativa proporre, come base per l’utilizzo del Fondo di circa 1,2 miliardi di €, la ristrutturazione funzionale delle piastre logistiche del Mezzogiorno; ad esempio le piastre logistiche di Battipaglia in Campania, di Pescara in Abruzzo, di Termoli in Molise, di Tito in Basilicata, di Taranto e di Francavilla Fontana in Puglia, di Gioia Tauro e di Lamezia Terme in Calabria, di Catania Bicocca e di Termini Imerese in Sicilia e di Cagliari in Sardegna.

Perché queste piccole e locali piastre logistiche? Perché vi è un dato che denuncia, in modo inequivocabile, una grave perdita di ricchezza che annualmente il Mezzogiorno vive proprio nel comparto della logistica, segnale questo che da solo descrive il deserto economico nelle Regioni del Mezzogiorno dove si movimentano ogni anno circa 200 milioni di tonnellate di merci e dove per ogni tonnellata movimentata il margine assorbito dalle attività logistiche (stoccaggio, manipolazione, packaging, movimentazione, ecc.) si attesta intorno ai 18 – 20 €.  Il valore globale prodotto dalle attività logistiche generate nel Mezzogiorno si attesta su un valore pari a circa 4 miliardi di € e di tale rilevante importo nelle aree del Mezzogiorno rimangono cifre ridicole, non superiori ai 200 – 300 milioni di €. Gli operatori, la maggior parte non italiani, gestiscono l’intero processo in un territorio privo di piastre logistiche, o meglio ricco di piastre logistiche programmate, in alcuni casi anche realizzate, ma prive di una adeguata gestione funzionale alle esigenze di una domanda di trasporto delle merci in continua evoluzione e, soprattutto, alla ricerca di risposte certe in termini di qualità e di efficienza. In questo modo, come ripeto spesso, il Mezzogiorno si conferma una ottima realtà economica per produrre Prodotto Esterno Lordo e non Prodotto Interno Lordo.

Forse ripensandoci e interpretando meglio il Decreto Legge 91 sarebbe stato meglio tentare questa ipotesi di lavoro. Sono convinto, come i vecchi meridionalisti che, purtroppo, di incentivi erogati in modo non organico si muore.

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