Si assiste spesso ultimamente ad un comportamento di chi insiste nel raccontare, in modo sistematico, risultati strategici non ottenuti dai Governi precedenti a quelli di Renzi e di Gentiloni e elenca contestualmente i risultati ottenuti e i cambiamenti operati sempre dai Governi Renzi e Gentiloni. Questa linea comportamentale potrebbe essere capita ed accettata se queste informazioni venissero fornite per produrre documentazione cartacea e mediatica utile per pubblicazioni di carattere universitario, ma trattandosi, invece, di documenti volutamente diffusi con funzione istituzionale e quindi a disposizione anche di chi è in possesso di dati pregressi e a conoscenza del percorso storico realizzato, informazioni quindi reali e non confutabili, prende corpo, automaticamente, una naturale reazione critica nei confronti di chi invece cerca di illudersi di essere stato in grado di fare ciò che purtroppo, dopo quattro anni di gestione del Dicastero, non è realmente riuscito a fare e, nel migliore dei casi, ha addirittura unicamente assistito all’avanzamento inerziale di scelte e di risorse garantite in passato.
Il Vice Presidente della Confindustria Stefan Pan su Il Sole 24 Ore del 10 aprile afferma: “È il momento di scaricare a terra tutti i fondi che abbiamo a disposizione, ma per questo c’è bisogno di capacità amministrativa e di fare gioco di squadra tutti insieme” e sempre Pan precisa: “l’Italia ha fatto importanti passi in avanti nella programmazione dei fondi come dimostra il caso positivo del piano infrastrutturale “Connettere l’Italia” allegato al DEF 2016 – 2017 che stabilisce in modo chiaro strategie , obiettivi e iter per la programmazione delle opere”. Queste sono dichiarazioni più consone ad un docente universitario e non ad un Vice Presidente della Confindustria che piuttosto dovrebbe chiedere e chiedersi come mai in questi quattro anni non sia partito nessuno intervento nuovo, non siano state erogate nuove risorse se non quelle già assegnate con la Legge Obiettivo. Invocando sempre il testo “Connettere l’Italia”, il Vice Presidente della Confindustria si complimenta con un Piano di oltre 130 miliardi fino al 2030, dimenticando che trattasi solo di “ipotesi programmatiche” poco utili per un Vice Presidente di un organismo che persegue impegni certi, risorse disponibili misurabili.
Viene naturale chiedersi allora, entrando nel merito di questo testo che viene propagandato come un testamento strategico del passato Governo, come sia possibile accettare un documento che pone come atto primario la denigrazione mirata della Legge Obiettivo; una denigrazione fatta di dati non veri o di interpretazioni cariche solo di odio per non essere riusciti a fare, in quasi quattro anni, assolutamente nessuna operazione infrastrutturale concreta. Si riporta il quadro sintetico dell’Abstract del testo “Connettere l’Italia” e relativo all’operato della Legge Obiettivo
Ognuno di questi dati o è falsato, o interpretato in modo pretestuoso, al solo scopo di dissimulare la realtà. Cominciando con il numero delle 419 opere del Programma delle Infrastrutture Strategiche (PIS), nei fatti le opere sono 148, (PIS definito con apposita delibera CIPE), forzatamente si arriva a 419, se sulla Salerno Reggio Calabria si contano tutti i lotti in cui sono stati articolati i 443 chilometri, se per ogni singola opera se ne considerano i singoli lotti di approvazione, se si sommano anche interventi del tipo edilizia penitenziaria che, fino ad oggi, solo le procedure di Legge Obiettivo ne hanno garantito le attuazioni.
In merito ai 383,85 miliardi di costi presunti e alla copertura al 45%, appare evidente che un simile dato testimonia una copertura reale di circa 172 miliardi di €. Questo dato è da solo un dato rilevante se comparato con quanto reso disponibile nell’arco temporale antecedente il 2002 e quanto reso disponibile nel periodo dal 2015 ad oggi: dal 1985 al 2000 nel nostro Paese si erano investiti nel comparto delle grandi infrastrutture solo 8 miliardi di €, mentre tra il 2015 ed il 2018, durante i Governi Renzi e Gentiloni, di fonti nuove ed aggiuntive si registrano solo 800 milioni di euro.
In merito alle opere ritenute incompiute pari a 868, sulla base dei dati oggettivi verificati nel 2014 dallo stesso Dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è possibile denunciare formalmente che il dato è falso. Delle opere della Legge Obiettivo può essere definita incompiuta solo un’opera, il Mose (incompiuta solo per il valore differenziale dalla iniziale programmazione: 212 milioni che non sono stati messi a disposizione del progetto a completamento del finanziamento del contratto di programma siglato con lo Stato). Questa grave ed imperdonabile falsità denuncia in modo inequivocabile l’atteggiamento carico di pregiudizi del redattore del documento, un atteggiamento basato essenzialmente sulla incapacità di dare continuità operativa alle scelte compiute dalla Legge Obiettivo e una simile scelta si configura a tutti gli effetti come una vera inadempienza istituzionale.
Per quanto concerne le quote di investimento assegnate al Centro Nord e al Sud, siamo di fronte ad un dato esaltante se si tiene conto che, prima del 2002, al Mezzogiorno sono andate annualmente risorse non superiori al 15 – 16% (in proposito è sufficiente controllare i dati ISTAT). La quota del 31% è addirittura superiore a quella più volte approvata come quota obbligata da destinare al Mezzogiorno pari al 30% e mai fino al 2002 rispettata. Tale quota non è solo costituta da strade, come era normale prima della legge Obiettivo, il piano per il Sud (quello approvato nel 2006) ha previsto anche finanziamenti per impianti idrici, per dighe e per sistemi di distribuzione e di irrigazione, fino al 2002 sconosciuti alla programmazione nazionale.
La tratta ferroviaria Napoli – Bari, la Palermo Catania, la strada 106 Jonica, erano state tutte sottoposte al CIPE entro il 2014, ma approvate solo molti anni dopo, a causa del fatto che il CIPE durante il 2015, 2016 e 2017 si è riunito solo 5 volte e, soprattutto, il Governo ha preferito non destinare risorse ad investimenti.
Non è pertanto possibile comprendere la critica sulla dimensione finanziaria delle opere strategiche e non è possibile capirlo perché per fortuna molti di noi hanno ancora soglie di intelligenza accettabili.
Ultimo ma non ultimo per importanza per quanto riguarda i tempi di realizzazione la frase generica: “lunghi tempi di realizzazione quasi 10 anni per opere tra 50 e 100 milioni” è non solo sbagliata , ma furba, non è chiaro infatti cosa si intenda per realizzazione, non è chiaro cioè se l’arco temporale debba partire dal momento dell’idea progettuale fino al momento della sua fruibilità sul territorio, non sono chiare le motivazioni della classe di investimento definita per valori, come se l’attenzione della Legge Obiettivo fosse dedicata solo alla opere grandi intese nel senso del costo e non nel senso dell’utilità.
Forse queste considerazioni critiche commettono un errore: controbattere o motivare l’operato svolto in attuazione della Legge Obiettivo. Queste critiche, infatti, si rivolgono nei confronti di chi non è disponibile ad ammettere i propri errori, ad ammettere la propria arroganza concettuale; si vuole in fondo, con questa sintetica elencazione dei fatti, ricordare a coloro che avevano riposto fiducia nella direzione del Dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, durante l’arco temporale dal 2015 ad oggi, a coloro che, come il Vice Presidente della Confindustria, avevano dato per scontato e concreto il programma annunciato, coloro che, come molte Regioni e molte aree metropolitane, avevano sottoscritto patti e accordi con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e con il Governo, patti mirati alla realizzazione di nuove infrastrutture, quanto sia patologica e davvero perdente la politica, la strategia adottata da una squadra di Governo che ha preferito solo denigrare il passato e inseguire un utopico futuro invocando programmi e impegni privi di reale copertura finanziaria.
Purtroppo ci stiamo svegliando e, anche se in ritardo, capendo.