Perché continuare ancora a presentare un quadro di disponibilità finanziarie, un quadro di impegni programmatici? Ormai il Governo Renzi non esiste più, ormai tutti hanno capito che erano solo annunci e di annunci purtroppo si muore. Questa premessa è legata ancora ad un articolo di Giorgio Santilli che ha pubblicato domenica 22 aprile su Il Sole 24 Ore dal titolo “Metrò, ferrovie, porti: piano da 140 miliardi, già finanziato per 100”. Un articolo in cui vengono ancora previsti interventi sulla nostra rete autostradale per circa 40 miliardi, per le reti ferroviarie per 65 miliardi, per le città metropolitane per 22 miliardi, per i porti per 2,3 miliardi, per gli aeroporti per 3,6 miliardi, per un totale di circa 134 miliardi. Lo stesso Giorgio Santilli, però, su Il Sole 24 Ore del 14 aprile aveva pubblicato, in quel caso giustamente, la seguente tabella su cui mi ero già soffermato qualche giorno fa:
Nel Decreto Legislativo 93/2016, in particolare all’articolo 2 dove si affronta il tema delle Leggi di spesa pluriennali si dice: “Le amministrazioni centrali dello Stato possono assumere impegni nei limiti dell’intera somma indicata dalle leggi di cui al comma 1. I relativi pagamenti devono, comunque, essere contenuti nei limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio”.
Questa norma sostanzialmente modifica l’approccio seguito nella redazione delle Leggi di bilancio da ciò che veniva definito “per competenza” in “per cassa”; cioè il quadro di impegni finanziari si trasforma in atto concreto solo nell’annualità in cui viene programmato o al massimo nella triennalità che caratterizza la stessa Legge di bilancio.
Quindi le risorse disponibili, come più volte ribadito, nel migliore dei casi sono quelle del triennio 2017 – 2019 e cioè: nel 2017 solo 1.166 milioni di €, nel 2018 3.150 milioni di € milioni di € e nel 2019 3.500 milioni di €. Dopo la firma del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri saranno disponibili ulteriori 2.415 milioni di €.
Nella migliore delle ipotesi saremmo, se gli strumenti di ripartizione del fondo non fossero considerati incostituzionali, in presenza di un quadro di disponibilità nuove di circa 11 miliardi di €. Un quadro di disponibilità che però, a valle di una sentenza della Consulta del 13 aprile 2018 n.74, sono state, addirittura, bloccate; infatti la Consulta, accogliendo proprio in questi giorni un ricorso della Regione Veneto, ha dichiarato incostituzionale il Fondo investimenti in quanto privo della apposita intesa con le Regioni, pertanto le assegnazioni sono tornate ad essere solo una ipotesi. Gli unici finanziamenti legittimi dal punto di vista infrastrutturale sono quelli preesistenti alle assegnazioni che a partire dalla Legge di stabilità per il 2016 sono state operate con il ricorso al Fondo infrastrutture, cioè i fondi assegnati fino a tutto il 2015 dalle leggi di stabilità precedenti, dallo Sblocca Italia, dallo Sblocca cantieri, tutte operazioni che affondano le radici al periodo programmatico pre Delrio e tutte decisioni assunte all’interno di un quadro programmatico, quello della Legge Obiettivo, che, nonostante l’affossamento operato con il nuovo Codice Appalti, ancora permette di indire gare per lavori.
Non ci resta dunque che constatare ancora una volta che siamo testimoni di un fallimento programmatico, quello del Documento di programmazione delle priorità, di uno strumento, quello dell’Allegato al Def, che evoca furbescamente le connessioni di rete senza mai averne prodotta una, di una falsa azione di programmazione delle risorse negli ultimi due anni, di una davvero preoccupante disinformazione: parlare di una disponibilità di 100 miliardi di euro quando al massimo si è in presenza di una disponibilità (tutta ancora da valutare dopo la sentenza della Consulta) di appena 11 miliardi di euro. Questa, purtroppo, a questo punto non è semplice disinformazione, ma voluta deformazione dei dati da parte del Governo.
Penso che convenga lasciare ad altri il compito di annunciare risorse, di annunciare disponibilità, che convenga lasciare un simile onere a chi, temendo di subire l’uscita di scena personale dal mondo professionale e istituzionale, preferisce raccontare un futuro ricco di impegni e di programmi puntando sulla ignoranza in merito della gente, scommettendo sull’arroganza di rappresentare “la continuità istituzionale”, puntando sul falso entusiasmo che segue alla notizia di nuovi investimenti e di nuove infrastrutture; se poi tali programmi non dovessero partire, allora le responsabilità saranno di altri, saranno invece dei gestori del futuro. Questa logica della “illusione”, non può però albergare in un giornale della Confindustria come Il Sole 24 Ore, non ritengo infatti possa far piacere ad un organismo come l’ANCE, membro della Confindustria, leggere questa altalena di informazioni, leggere questa triste sinusoide delle illusioni.