Se avessimo creduto ai demografi e avessimo dato più fiducia a coloro che avevano sostenuto grandi scelte strategiche oggi il nostro Paese e l’Europa non vivrebbero una emergenza che diventa ogni giorno più drammatica ed irreversibile: l’esplosione demografica dell’Africa e il naturale processo migratorio. Spesso ci si dimentica quanto fosse stata lungimirante l’esperienza portata avanti in passato, prima dalla Cassa del Mezzogiorno e poi dall’IRI, proprio su questa tematica.
Nel 1977, più di quaranta anni fa, si tenne a Nairobi la prima Conferenza mondiale sulla desertificazione. L’Italia vi partecipò con la Cassa del Mezzogiorno. Alla Conferenza venne portato come primissima emergenza, con conseguenze davvero tragiche, il prosciugamento del Lago Chad. Il primo grande obiettivo voleva essere quello di bloccare un fenomeno che già allora sembrava inarrestabile: in soli dieci anni, dal 1963 al 1973, il volume d’acqua si era ridotto del 35%; oggi, oltre l’80% del volume idrico del lago Chad è scomparso. A valle della Conferenza di Nairobi, l’Italia, attraverso l’IRI, assunse l’impegno di redigere una proposta progettuale. Approfondendo i seguenti punti:
- evitare fenomeni di emigrazione forzata da zone aride verso megalopoli;
- assicurare condizioni di produzione agricola sostenibili;
- definire ogni proposta nel rispetto di una fasizzazione sia infrastrutturale che finanziaria;
- costruire un primo Piano Economico e Finanziario mirato alla ottimizzazione dell’uso delle risorse idriche; attraverso la dimensione irrigua, energetica, trasportistica e socio economica.
I demografi presenti alla Conferenza denunciarono, già all’epoca, un dato che solo oggi cominciamo a capire: la popolazione del continente africano nel 21° secolo sarebbe cresciuta del 400%, cioè da 1 miliardo sarebbe passata a 4,2 miliardi di vite umane. Un incremento sproporzionato, tenuto conto che il resto del mondo è cresciuto solo del 10% ca, vale a dire: le Americhe da 0,9 miliardi a 1,1 miliardi; l’Europa da 0,6 miliardi a 0,7 miliardi; l’Asia da 4,3 miliardi a 4,7 miliardi; l’Oceania da 0,03 miliardi a 0,07 miliardi di vite umane.
Nacque grazie a questa analisi una proposta, davvero innovativa, agli inizi degli anni ’70, sempre a cura di una Società del gruppo IRI, denominata Transaqua. Tale intuizione progettuale era contenuta in una infrastruttura multifunzionale per il continente africano, un’idea costruita operativamente dall’italiano Marcello Vichi. Si era di fronte ad una vera catastrofe ambientale: una superficie di un miliardo di ettari era a rischio desertificazione (circa il 34 % della superficie dell’Africa). La soluzione del problema veniva individuata nel trasferimento di grandi volumi di acqua dal bacino del fiume Congo al Lago Chad. L’idea italiana, sostenuta dalla Società Bonifica, del gruppo IRI è stata quella di «trasferire» circa 100 miliardi all’anno di metri cubi di acqua dal bacino imbrifero del fiume Congo verso l’area sahelica del Lago Chad. Il volume d’acqua del fiume Congo, valutato alla foce intorno ai 1.200 miliardi di metri cubi che ogni anno si riversano nell’Oceano, sarebbe stata «impoverita» di appena l’8% della sua portata Inoltre il progetto ipotizzava anche la realizzazione di una via d’acqua, addirittura navigabile, capace di intercettare le acque degli estremi margini Nord-Orientali del bacino, per raggiungere, dopo un percorso di circa 2.400 km (1.200 canale idroviario e 1.000 Km fiume Chari), il territorio centrafricano, per poi in fine riversare il flusso idrico nel bacino del fiume Chari, tributario del lago Chad. Un progetto che per la sua dimensione sembrava ormai relegato a rimanere solo concepito ma mai realizzato, al contrario la testardaggine italiana ha fatto si che, dopo quasi quaranta anni, questo progetto sia tornato ad essere valutato di grande attualità perché oggi si configura, a livello mondiale, ancora l’unico che possa dare riscontro immediato ad un processo di rilancio reale delle attività produttive della vasta area del Centro Africa. In una Conferenza di grande prestigio (alla presenza di sette Presidenti di Nazioni africane, dai Ministri di oltre 21 Paesi, da primarie Banche mondali) tenutasi ad Abuja e organizzata dal Lake Chad Basin Commission (organismo composto da cinque Stati: Nigeria, Niger, Camerun, Centro Africa e Chad) è emersa chiaramente la validità strategica della proposta. Una proposta non più considerata irrealizzabile se si tiene conto che la Società Powerchina, oggi direttamente interessata alla iniziativa insieme a Bonifica, ha realizzato già in Cina due idrovie della lunghezza di 1.200 Km e di 800 Km.
Oggi finalmente abbiamo un crono programma dell’intera proposta così articolato:
- giugno del 2019 completamento dello studio di fattibilità;
- giugno 2020 completamento road show tecnico economico con progetto articolato per moduli;
- 2025 completamento di alcuni moduli utili per garantire primi ritorni di investimento;
- 2030 completamento ulteriori moduli funzionali;
- 2035 completamento organico del progetto in tutte le sue componenti.
Per quanto riguarda invece la dimensione economica si sono già stimati i possibili singoli moduli di intevento e si è effettuato un benchmarking a scala mondiale verificando analoghi azioni: da tale anali è emerso che il costo possibile di un primo modulo sia pari a circa 4 miliardi di €, mentre l’intero intervento si attesta su un valore di 70 miliardi. Questo intervento crea reali condizioni di sviluppo e al tempo stesso si prevede che ridimensioni in modo sostanziale i processi migratori. Il progetto risulta di fatto una soluzione appropriata a risolvere una emergenza che rischia di diventare irreversibile.
Il nostro Paese conferma la sua encomiabile attitudine ad essere artefice primario di grandi opere a scala mondiale: le nostre imprese hanno progettato e realizzato nel mondo opere come il Canale di Panama, il collegamento Malmö – Copenaghen (Öresund), l’allargamento del Canale di Suez, ecc.; in Italia si era riusciti negli ultimi venti anni a realizzare un sistema ferroviario ad alta velocità eccellente e si stavano realizzando due valichi chiave per lo sviluppo dell’intero sistema comunitario, già, “si stava” perché proprio in questo momento il Governo sta rivedendo tali scelte. È una triste contraddizione, che auspichiamo non si realizzi, perché qualora ciò accadesse, ciò porterà ancora una volta le intelligenze del nostro Paese a produrre per la crescita e lo sviluppo di altre realtà geo economiche del Pianeta Terra in tal modo confermando che nemo propheta in patria.