È passata quasi inosservata una notizia comparsa su pochi giornali lo scorso fine settimana. La notizia annunciava: “Asta Tesoro, domanda modesta tassi in calo”. Arne Lohmann Rasmussen, analista di Danske Bank, ha dichiarato a Bloomberg che “la domanda modesta è segno che l’interesse degli investitori si è ulteriormente indebolito”. Questo, potrebbe essere forse il termometro più vero, più preoccupante e, al tempo stesso, più carico di motivazioni per lo stato di un Paese che penso viva uno delle fasi più critiche della sua storia politica. Questo chiaro segnale di sfiducia trova evidenti riferimenti in una politica, in una strategia annunciata prima in campagna elettorale ed ora in corso di attuazione da parte di due Movimenti al Governo: la Lega e 5 Stelle. Non possiamo infatti sottovalutare delle scelte che necessariamente allontanano dal nostro Paese gli investitori, allontanano dal nostro sistema economico gli interessi dei mercati.
Incominciamo intanto con un atteggiamento assolutamente incomprensibile: il blocco di interventi strategici addirittura di quelli già avviati e condivisi a scala comunitaria e internazionale, opere come il nuovo tunnel ferroviario Torino – Lione, segmento chiave del Corridoio comunitario Algesiraz – Kief; come il collegamento ferroviario ad alta velocità Genova – Milano, segmento portante del Corridoio comunitario Rotterdam – Genova ed in cui è in avanzata fase di esecuzione il tunnel di 39 Km definito Terzo Valico dei Giovi; come il gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP). In particolare, soffermandosi su TAP bisogna ricordare che trattasi di un progetto che ha già venduto i suoi 10 miliardi di metri cubi (tra l’altro tra i cinque contratti già sottoscritti da TAP ci sono quelli con le italiane Hera, Edison, Enel) e sono già stati sottoscritti i primi contratti di trasporto. Il primo gas, quindi, è già indirizzato; TAP potrà avere espansione fino a 20 miliardi di metri cubi. TAP garantisce più gas non solo alla parte italiana, ma anche in Albania e in Grecia. Questo gasdotto porta una fonte di energia pulita, affidabile, flessibile e a basso costo.
Altro elemento che preoccupa i mercati è questo ritorno alla logica del “sovranismo”, alla esasperata ricerca di una sovranità nazionale in contrapposizione alle istanze e alle politiche sovranazionali. Un atteggiamento ribadito ultimamente dal Vice Presidente del Consiglio Di Maio con una dichiarazione che ho già avuto modo di riportare proprio poche settimane fa, ma che è opportuno ricordare “Lo Stato quando vara delle gare di appalto, deve preferire aziende italiane a quelle estere”. Un sovranismo che è apparso in modo evidente anche nella disponibilità a rivedere il trattato di Schengen, trovando come motivazione la necessità di controllare i processi migratori. Bloccare o rivedere Schengen significa rendere sempre più elevata la incidenza del costo del trasporto sulle merci traportate e quindi significa isolare sempre più dai mercati comunitari il nostro Paese.
Come si può notare non sono indicati volutamente, tra le cause della preoccupazione dei mercati finanziari, altri segnali come “il diritto di cittadinanza” o la “flat tax” o la “abrogazione della Legge Fornero”, tutti provvedimenti che hanno un costo elevatissimo e, soprattutto, trattasi di ipotesi strutturali che fanno lievitare in modo irreversibile il debito pubblico del Paese. Non sono qui elencati perché è più che ovvio, che emergerà chiaramente, nella redazione del Documento di Economia e Finanze, che quelle norme erano unicamente strumenti mediatici utili in campagna elettorale e che attuarli sarebbe infatti pura incoscienza nella gestione della cosa pubblica. Di contro il blocco degli investimenti in infrastrutture, la mancata abrogazione del Codice degli appalti, il ritorno al concetto di “confine”, sono tutte azioni che già solo annunciate creano immediato allontanamento degli investitori e, quindi, una esplosione immediata della crisi economico – finanziaria. Preoccupa soprattutto il momento storico in cui opera l’attuale Governo, l’attuale maggioranza: la Cina sta, mese dopo mese, scoprendo il Mediterraneo, sta definendo un piano euroasiatico che non avremmo mai ritenuto possibile; con la cosiddetta “Via della Seta” non eleggono solo tre grandi HUB logistici nel Mediterraneo quali il Pireo, il sistema portuale Nord Tirrenico e quello Nord Adriatico, ma si entra anche direttamente nella gestione dei processi imprenditoriali del sistema europeo. Un obiettivo che intende perseguire sia attraverso l’accesso via mare dei propri prodotti, sia attraverso via terra con l’asse ferroviario Pechino – Amburgo – Rotterdam. Un atteggiamento del nostro Governo quale quello emerso propri in questi giorni sulle nostre infrastrutture farebbe perdere al nostro Paese anche questa grande occasione di nuova piastra logistica del sistema euroasiatico. Speriamo che il segnale dell’Asta del Tesoro annulli approcci così pericolosi e dannosi per la crescita e lo sviluppo del Paese.