In tempi non sospetti, come già ho avuto modo di dire, i demografi avevano preannunciato, in merito alla crescita di vite umane nei vari continenti del Pianeta, un quadro di dati anticipato circa trenta anni fa e che ritengo utile riportare di seguito:
- Le Americhe da 0,9 miliardi a 1,1 miliardi di vite umane
- L’Europa da 0,6 miliardi a 0,7 miliardi di vite umane
- L’Asia da 4,3 miliardi a 4,7 miliardi di vite umane
- L’Oceania da 0,03 miliardi a 0,07 miliardi di vite umane
- L’Africa da 1 miliardo a 4,2 miliardi di vite umane
- Africa + 400%
- Resto del Mondo + 10%
Questa esplosione demografica faceva paura, fa paura e in futuro farà sempre più paura se non riusciremo a definire concretamente un action plan. Quando si comprenderà che siamo in presenza di un fenomeno inarrestabile e quando si sarà in grado di gestire un fenomeno che, qualora diventasse irreversibile, potrebbe generare forme inimmaginabili di crisi socio economica, non solo nei Paesi della Unione Europea, ma soprattutto in molte aree del continente africano. I Paesi del Nord Africa potranno gestire questo temporaneo accumulo di migranti fino ad una determinata soglia dimensionale, dopo prenderà corpo un fenomeno eversivo che in Paesi come la Libia, il Sudan, il Niger, come la Nigeria, il Camerun, il Centro Africa e il Chad, si trasformerà in vere forme di non gestione democratica, si trasformerà in realtà simili a quelle che ormai da oltre venti anni caratterizzano già Paesi come la Somalia o città come Mogadiscio. Per questo non dovremmo preoccuparci solo della Unione Europea, per una volta dovremmo smetterla di essere miopi pensando unicamente agli sbarchi in Italia di migranti utilizzando tale fenomeno solo ai fini elettorali. Dovremmo pensare, per una volta, al fatto che un continente, come quello africano, gestito da masse prive di autonomia economica stia diventando teatro di processi rivoluzionari, stia diventando serbatoio di milizie militari capaci di compromettere tutte le potenzialità possedute da un continente ricco di giacimenti minerari, ricco di potenzialità agro alimentari, allo stato non sfruttate, ricco di un fattore umano che sta diventando sempre più una tragica emergenza e non una risorsa.
Trenta anni fa ci provò la Repubblica di Cuba con l’invio di contingenti militari in Congo, Etiopia, Angola, Mozambico prima a sostegno dei movimenti rivoluzionari, poi mirato allo sviluppo, che non è mai venuto meno e che è di certo un esempio per molti Stati anche più grandi e con più mezzi di Cuba. Attualmente, dopo trent’anni, lavorano ancora in Africa 5.000 cubani.
Dopo la esperienza cubana, nel 2006, ha preso corpo la iniziativa cinese; in particolare nel gennaio del 2006 la Cina ha indirizzato il 10% dei suoi investimenti esteri (6,27 miliardi di dollari) proprio verso l’Africa ed 800 grandi imprese cinesi hanno impiantato solide attività sul continente, oltre ad un migliaio di progetti nelle infrastrutture: porti, ospedali, scuole, reti idriche ed elettriche. Vennero inoltre azzerati oltre 10 miliardi di dollari di debiti contratti da 32 paesi africani. Nel testo del documento (China-Africa Action Plan 2007/2009) si manifestò anche la volontà di aprire una Camera di Commercio bilaterale e di incrementare la formazione scientifico-tecnologica (15.000 operatori professionali in tre anni). Per l’educazione, furono previsti aiuti per 100 scuole rurali, il raddoppio delle borse di studio, l’aggiornamento degli insegnanti, degli operatori dei media e dei tecnici per l’ambiente. Tra gli interventi sanitari fu prevista la costruzione di 30 ospedali e di 30 centri per la prevenzione della malaria. Il Piano previde anche di aumentare il turismo cinese e gli scambi giovanili con l’Africa. Prese corpo, una specifica relazione programmatica, un action plan disegnato circa dieci anni fa che la Cina sta realizzando.
Soffermandosi a lungo sulla descrizione dell’operato cinese viene facile dimostrare come un Paese, cosciente del teatro delle convenienze in Africa, abbia avviato un piano organico di sviluppo senza porsi il problema del fenomeno migratorio e come invece la Unione Europea, cosciente della esplosione dell’inarrestabile fenomeno demografico e migratorio, un fenomeno direttamente influente sull’area europea, sia invece rimasta quasi assente. Grandi forum, grandi incontri, grandi trattati di amicizia, ma solo, nel migliore dei casi, accordi bilaterali tra singoli Stati europei e africani. Quasi una brutta copia di un triste passato coloniale.
L’Italia ultimamente, recuperando un progetto lanciato quaranta anni fa dalla Società Bonifica (allora una società dell’IRI) ha presentato una proposta progettuale organica che contiene al suo interno tutte le condizioni per il rilancio di una vasta area del centro Africa. Un progetto che potrebbe senza dubbio ridimensionare il fenomeno migratorio, ma soprattutto è una iniziativa che genera crescita e sviluppo quasi in un terzo dell’intero continente africano. Un progetto che la Cina ha apprezzato subito e, attraverso una società cinese la Powerchina, ha immediatamente sottoscritto un Memorandum of Understanding proprio con la stessa Società Bonifica.
L’Unione europea continuerà insieme ad alcuni Paesi prospicienti il Mediterraneo, tra cui il nostro a dibattere sul trattato di Dublino, sui respingimenti e sulla chiusura dei porti. Non è e non era l’Unione Europea di De Gasperi, Adenauer e Schuman.
Veramente interessante e finalmente un altro modo di vedere e cercare di risolvere questo esodo di massa….non ci vuole falso buonismo né maniere forti e violente ma idee e …..FARE
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