L’INCERTEZZA PRODUCE UN DANNO E PURTROPPO BLOCCA LA CRESCITA

Prepariamoci a mettere in conto un rilevante volano di risorse necessario per rimediare ai danni rilevanti prodotti, addirittura, in un arco temporale di soli due mesi, da parte dell’attuale Governo o meglio da parte dei due Vice primi Ministri Di Maio e Salvini. Molti sono persuasi dal fatto che i danni siano misurabili prendendo come riferimento il blocco di alcune opere infrastrutturali chiave per l’Italia e per l’intero assetto della Unione Europea, in realtà però il vero danno che, in termini economici, cresce di giorno in giorno, è legato alla “incertezza” creata dall’attuale maggioranza. La “incertezza” è una caratteristica deleteria perché genera dei danni molto più rilevanti di quelli identificabili e misurabili attraverso la chiara lettura di determinati eventi; la “incertezza” genera paura e sfiducia sui mercati e produce diseconomie leggibili molto tempo dopo, rispetto a quando si è realmente attuato un determinato atto contrario ad una corretta gestione della cosa pubblica.

D’altra parte come non avere paura e non vivere una fase di grande incertezza in presenza di un Governo che:

  • dovrà trovare risorse per la flat tax
  • dovrà trovare risorse per il reddito di cittadinanza
  • dovrà riattivare, una per tutte, gli investimenti nel comparto delle infrastrutture bloccato da oltre 4 anni, ci si riferisce alla stazione interrata di Firenze, all’asse ad alta velocità Brescia – Verona e Verona – Vicenza – Padova, all’asse ferroviario ad Alta Velocità Napoli – Bari e Catania – Palermo, ecc.
  • dovrà abrogare e riscrivere il Codice degli Appalti
  • dovrà concretamente mantenere gli impegni assunti con l’elettorato bloccando la TAV, il Terzo Valico dei Giovi e la TAP

In realtà questa “incertezza” potrà continuare a crescere fino alla metà del mese di ottobre, cioè fino alla data in cui il Governo sottoporrà al Parlamento il Documento di Economia e Finanza (DEF). Sia la maggioranza attuale, sia coloro che hanno consentito all’attuale maggioranza di ottenere tanto consenso elettorale, non potranno assistere alla impossibilità di dare concreta attuazione a ciò che erroneamente chiamano “Contratto”. Questa delusione della base elettorale e questa crisi della compagine di Governo, rappresenteranno il punto più critico della fase di incertezza che vivono gli operatori interni ed esterni al Paese, i mercati finanziari e, soprattutto, la Unione Europea. Ormai questa analisi non ha nulla di profetico o di gratuito allarmismo perché, ogni giorno assistiamo a decisioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze che, in modo chiaro, annunciano un cadenzamento articolato nel tempo delle scelte relative alla “Flat tax”, al “Reddito di Cittadinanza”, all’azzeramento della Legge Fornero e, al tempo stesso, assistiamo ad un riservato atteggiamento del Presidente del Consiglio su cosa fare della serie di infrastrutture citate in precedenza.

Infine è di dominio pubblico lo scontro tra i due Vice Presidenti del Consiglio proprio sulle decisioni inerenti le grandi opere e sulle priorità da dare ad alcuni punti programmatici elencati in ciò che viene definito “Contratto”. Le stime fatte, proprio alla fine del mese di luglio, sui danni generati dal blocco di alcune decisioni nel comparto delle infrastrutture pari a circa 60 miliardi saranno sicuramente vere ma, non sono certamente gravi come quelle legate alla serie di evidenti e continue altalene che caratterizzano questa triste fase che il Paese attraversa.

Sarebbe forse troppo bello se, di fronte agli errori commessi, in questi ormai abbondanti primi due mesi di governo, l’attuale maggioranza effettuasse una capillare due diligence su ciò che è stato fatto, su ciò che non è stato fatto, su ciò che è stato detto, su ciò che è stato anticipato, e dopo tale analisi avesse il coraggio di iniziare una nuova e diversa esperienza di Governo. Lo so, è pura utopia, perché una simile scelta porterebbe ad un immediato e rilevante crollo dei consensi, porterebbe alla perdita irreversibile di credibilità. Non effettuare però ora una due diligence e cambiare ora questa linea politica significa solo rinviare di qualche mese la conclusione di un’esperienza che ha prodotto già un irreversibile danno alla crescita del Paese.

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