Come tutte le scelte di politica economica di questo Governo, anche il Decreto Legge Genova, in corso di discussione in Parlamento, rischia di essere un bluff, un’azione di intervento economico in un’area già parzialmente sottosviluppata dal punto di vista economico ben prima del crollo del Ponte Morandi.
Il riferimento è, senza troppi giri di parole, alle strette interconnessioni che caratterizzano, da sempre, le relazioni tra Liguria, Piemonte e Lombardia e la complessa nervatura ferroviaria riguardante sia il Terzo Valico dei Giovi che la Torino Lione e l’asse ferroviario del Sempione.
Il fatto è che l’obsolescenza degli usi del territorio ligure, dovuta essenzialmente al crollo, a partire dagli anni “80, dell’industria di Stato pesantemente presente nell’area, ha lasciato spazi fisici vuoti ed infrastrutture obsolete non in grado di servire una nuova domanda di mobilità oggi più orientata ai passeggeri e non in grado di specializzare i flussi di traffico merci da quelli passeggeri con l’intento di separarli, per meglio servirli, ricorrendo a tutte le modalità di trasporto. Se le reti ferroviarie sono necessarie per lo sviluppo quasi puntuale del trasporto merci sul porto di Genova, quelle autostradali, come la gronda di Genova, rispondono all’esigenza della risoluzione dei problemi di congestione. Mentre, infatti, i flussi di domanda passeggeri sono diventatati permeabili sulle infrastrutture soprattutto su quelle stradali congestionate, in Liguria, Piemonte e Lombardia, il flusso delle merci necessita di una specializzazione di traffico puntuale sulle reti di trasporto ferroviario, con il ricorso a specifiche tecniche di trasporto di container sempre più innovative, ma, ed è questo il punto, anche se ci limitassimo al solo trasporto merci, scopriremmo che le misure individuate dal Decreto Legge Genova, sono incoerenti rispetto alla specializzazione d’uso delle infrastrutture. Nulla nel Decreto Genova è previsto per la realizzazione, in parte già in atto, delle misure necessarie ad adeguare le reti ferroviarie, ma invece si indicano, ripetendo gli errori strutturali di una politica dei trasporti orientata al sussidio dei servizi di trasporto, forme di incentivazione come ad esempio: il raddoppio del Ferrobonus, la definizione di zone di logistica semplificata e delle zone economiche speciali dedicate ad un arco di interporti che va dalle porte di Genova Voltri ed arriva fino a Piacenza e più a sud a Dinazzano (uno scalo di proprietà di trasporto della Regione Emilia Romagna, partecipato da alcuni spedizionieri del porto di Genova e dall’Autorità di sistema portuale di Ravenna). Nel redigere l’elenco degli interporti interessati a procedure più snelle dei traffici in origine dal porto di Genova sono stati inoltre completamente ignorati quelli dell’arco alpino del Nord Ovest (valichi di Tenda, del Frejus. Del Bianco, del San Bernardino, del Sempione) . Ignorare l’esistenza di un progetto esecutivo sul Tunnel ferroviario Torino – Lione e contemporaneamente incentivare la realizzazione di itinerari logistici in direzione dei valichi svizzeri come quello del Ceneri è un errore strategico della politica dei trasporti ferroviaria, che darà a Basilea, al di là di Zurigo, un ruolo chiave di porto logistico di terra ed a Fos, in Francia, l’assorbimento dei traffici di Genova.
Lo scenario dei flussi di traffico e delle capacità di assorbimento di questo traffico, dopo il Decreto Genova, in due scenari temporali, a due e cinque anni, è presto descritto:
- il mancato adeguamento del nuovo tunnel del Frejus e la persistenza del vecchio Tunnel comporterà, nel breve periodo, una capacità di assorbimento di traffico al massimo di 42 treni in totale al giorno per effetto delle restrizioni di sicurezza della circolazione. Il tunnel sarà usato da un treno alla volta per direzione di marcia e di conseguenza saranno possibili transiti al massimo per 20 treni merci al giorno.
- nel frattempo, la riprogrammazione infrastrutturale delle specifiche tecniche di interoperabilità orientate oggi ad est del porto di Genova per servire al meglio l’arco di interporti identificato dal Decreto Genova e la necessità, a detta dei genovesi, dell’innesto ferroviario a Prà Voltri, richiederà almeno due anni di lavoro;
- l’estensione ad ovest lungo il tracciato costiero richiederà almeno 5 anni tra progettazione ed avvio lavori.
- da qui al 2022 entrerà in funzione il Terzo Valico dei Giovi, ed una parte del traffico merci sarà innestata in direzione Milano e attraverserà le aree del nodo di Milano, incrocerà la realizzanda Brescia Verona AV/AC per dirigersi a nord verso la Svizzera attraversando il tunnel del Ceneri, l’unico di cui si abbia certezza di utilizzabilità oggi.
- in direzione Francia, invece, aver ignorato un sistema di interporti piemontesi, come Novara ed Orbassano, renderà ancora più asfittica l’offerta di tracce sul vecchio tunnel e sulle linee di adduzione in territorio italiano che per effetto dello stop ai lavori del Tunnel Torino Lione non saranno ammodernate. La produzione di tracce sarà ancora più asfittica perché intanto “occupate” da un servizio pendolare del Sistema ferroviario metropolitano di Torino, sviluppo che non avrebbe avuto impatti sulla circolazione se l’adeguamento delle tratte in territorio italiano di adduzione al nuovo tunnel del Frejus fossero state realizzate.
Come per il “Reddito di cittadinanza”, o come per la “Legge di Stabilità per il 2019”, anche il Decreto Genova porta in sé una sorta di deresponsabilizzazione per il futuro: è come se per un evento tragico per il quale si richiedono giustamente risorse ed impegni nazionali, non si riuscisse ad andare al di là del perimetro regionale, al di là delle convenienze locali e si preclude la possibilità di ampliare la platea dei beneficiari rafforzando il senso strategico della intera operazione. Non si capisce infatti perché non tutti gli interporti ferroviari italiani non possano accedere a procedure di zona logistica semplificata che non avrebbero impatti sulle entrate, secondo l’analisi di impatto di bilancio del decreto e non si capisce perché, invece, l’AdSP di Ravenna dovrebbe essere connessa, tramite Dinazzano e su infrastrutture ferroviarie di proprietà di TPER, al porto di Genova. È come se non si riuscisse ad avere una visione ampia e strategica del futuro e questa impossibilità sembra dettata dalle ideologie populiste, dai demagoghi che governano le scelte collettive, da scelte regionali e provinciali e non da azioni di politica dei trasporti.
A ben vedere se il tunnel del Frejus è su un binario morto ed il Piemonte uscirà isolato dall’adozione del Decreto Genova, purtroppo neanche il porto di Genova otterrà vantaggi concreti e misurabili e la Regione Liguria non sarà tessera integrata e funzionale del mosaico produttivo del Nord Ovest del Paese e non farà sistema, nonostante i 322 milioni di euro in massima parte previsti per incentivi a servizi privati, senza supportare interventi in conto capitale.
Disamina perfetta e dirimente per chi avesse dei dubbi . Ciao daniele maltese
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E’ un povero Paese quello che al posto di pensare urla,insulta e delega alla magistratura le scelte importanti per il suo futuro.
Speriamo che articoli come questi,al pari della goccia che cade sulla roccia,buchino la ottusità tanto diffusa in questo triste momento.
Grande Ercole.
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