QUANDO NON CI SARANNO PIÙ LE IMPRESE ITALIANE.

Il Disegno di Legge delega all’esame del Consiglio dei Ministri prevede l’adozione del nuovo Codice Appalti, con Decreto Legislativo, entro un anno. Entro due anni, invece, sarà adottato con Decreto del Presidente della Repubblica il regolamento esecutivo attuativo che sostituirà le linee guida dell’ANAC”.

Una norma contenuta nel decreto legge semplificazioni” punta ad allargare la fascia dei lavori che potranno essere affidati senza una gara formale alzando il tetto da un milione a 2,5 milioni di euro e ad alleggerire gli adempimenti per i subappalti”.

Dopo questi comunicati ufficiali comparsi su vari mezzi di informazione mi aspettavo:

  • una reazione forte dell’ANCE perché cosciente che una simile decisione dichiarava chiaramente la ignoranza totale del Governo di una emergenza gravissima dell’intero comparto delle costruzioni e, quindi, di una grave crisi di una delle aree chiave della economia del Paese
  • una reazione della Confindustria ormai spettatrice di un giornaliero processo di crisi irreversibile di un numero rilevante di grandi, di medie e di piccole imprese di costruzione
  • una reazione dei Sindacati che da circa otto anni assistono ad una riduzione patologica degli occupati nelle attività dirette e collegate al mondo delle costruzioni di oltre 800.000 unità lavorative
  • una reazione dell’ANAC sia per la chiara bocciatura dell’attuale Governo delle cosiddette “linee guida” varate dalla stessa ANAC senza però aver prodotto alcuna facilitazione interpretativa dei provvedimenti, sia per il sicuro crollo della trasparenza che si genererà con il ricorso a gare “non formali”

Forse l’ANCE, la Confindustria, i Sindacati e l’ANAC danno ancora fiducia all’attuale Governo e preferiscono non aprire un contenzioso in questa fase in cui è ancora possibile costruire possibili accordi, possibili correzioni e quindi pervenire ad un buon prodotto normativo, ma questo atteggiamento sarebbe stato comprensibile e forse accettabile se le condizioni dell’intero comparto delle costruzioni fossero solo critiche, invece no, non sono critiche: sono ormai vicinissime ad un collasso irreversibile. In Italia non ci sono cantieri, in Italia non ci sono lavori, nel nostro Paese non ci sono previsioni di nuovi lavori. L’intero mondo delle costruzioni corre verso gare di appalto impossibili, ormai partecipa a gare che sono veri massacri economici con ribassi che anticipano solo il fallimento anche di imprese storicamente solide.

La mia è una esasperazione di questo teatro produttivo riconosciuto come motore chiave della economia del Paese, il mio è terrorismo mirato solo a denunciare gli errori della attuale coalizione di Governo? Assolutamente no! Denuncio queste gravi responsabilità di chi gestisce la “cosa pubblica” da quattro anni, da quando ha preso corpo, a cura dei Governi Renzi e Gentiloni, questa assurda ed inconcepibile logica del “non fare”.

Ed allora come possiamo accettare che di fronte a queste gravi emergenze un Paese industrialmente avanzato come il nostro invochi un itinerario procedurale che ha una previsione di due anni; un arco temporale senza dubbio utile per regalare il mercato delle costruzioni italiano ad imprese non italiane; infatti fra due anni saremo pieni di concordati preventivi e di fallimenti.

Mi chiedo dopo queste banali contestazioni come possa l’attuale Governo prevedere una crescita nel 2019 del Prodotto Interno Lordo del 1,5%? Come può il Governo, dopo non aver attivato nuovi lavori e, addirittura, bloccato l’avanzamento di interventi già in corso e con uno strumento come l’attuale Codice Appalti operativo ancora per i prossimi due anni, credere che si possa generare una crescita del PIL? Il Governo e l’Unione Europea infatti sanno bene che il punto dolente, il punto critico della Legge di Stabilità non è la soglia del 2,4% del deficit ma la indifendibile ipotesi della crescita del PIL. Spero che l’ANCE, la Confindustria e i Sindacati, nei prossimi giorni, abbandonino un comportamento attendista: fra due anni questo Paese rischia di perdere un comparto motore della crescita, non possiamo permettercelo.

3 commenti

  1. La cosa drammatica è che l’italica rassegnazione e l’atavico fatalismo ci stanno portando alla distruzione di quel poco che ci rimane senza che nessuno se ne renda conto.

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