LE ORIGINI DELLA STAGNAZIONE INFRASTRUTTURALE

Quali azioni sono necessarie per far ripartire una macchina ferma ormai da quattro anni?  Analizzando attentamente il blocco imperdonabile degli investimenti in infrastrutture, è inutile parlarci addosso ricercando le motivazioni che hanno portato i Governi Renzi e Gentiloni ed il Ministro Delrio a bloccare, praticamente, tutte le opere e a mandare avanti per inerzia, perché già cantierate, solo quelle relative a cinque interventi: il Terzo Valico dei Giovi sull’asse ferroviario AV/AC Genova – Milano, il completamento dell’asse autostradale Salerno – Reggio Calabria, l’asse ferroviario Napoli – Bari, le metropolitane di Milano (M4) e di Roma (Linea C). Un blocco, senza dubbio, legato alla esigenza di utilizzare le risorse disponibili per garantire iniziative assistenziali come gli 80 euro per i salari bassi; una scelta che annualmente ha dirottato circa 11 miliardi di euro da interventi in conto capitale a interventi in conto esercizio. Tra “fare” e “non fare” si è preferito “fare male” e si sono usati alcuni espedienti: un ipotetico “Project review”, un assurdo “Codice degli Appalti”, un annullamento della centralizzazione delle istruttorie dei progetti e l’annullamento delle attività del CIPE (solo sei in quattro anni).  Purtroppo ormai questa è storia, ormai il tentativo non riuscito di azzeramento della Legge Obiettivo (“tentativo” perché le poche opere che sono andate avanti per inerzia e sopravvissute alle rispettive vicissitudini sono tutte supportate dalla Legge Obiettivo) e della Struttura Tecnica di Missione si è praticamente concluso. Se si vuole davvero far ripartire un processo infrastrutturale organico è necessario definire un codice comportamentale capace di riportare nel Paese una chiara volontà a “fare”, a “produrre avanzamento nell’attuazione di infrastrutture”. Un codice comportamentale caratterizzato da sette punti portanti:

  1. chiarezza sugli obiettivi da perseguire;
  2. chiarezza sulla organizzazione e sulla competenza degli organismi istituzionali;
  3. chiarezza sulle risorse disponibili, su quale è l’ente preposto a tale finanziamento e cosa finanzia
  4. chiarezza sulla certezza dei tempi di disponibilità di quelle specifiche risorse;
  5. chiarezza sugli strumenti e sulle procedure di valutazione dei benefici;
  6. chiarezza sulla distribuzione delle responsabilità operative in materia di Accordi Stato Regioni ed Enti territoriali;
  7. chiarezza sugli strumenti necessari per la gestione della fase autorizzativa e di quella realizzativa.

In fondo sono sette punti che imporrebbero una vera rivoluzione concettuale rispetto alla stasi dei quattro anni passati e che dovrebbero portare ad una grande conclusione: per uscire dalla stasi, dalla stagnazione, bisogna avere il coraggio di annullare il convincimento che le grandi infrastrutture non sono prioritarie. Questo diffuso convincimento sulla necessità di privilegiare la messa in sicurezza del territorio, sulla opportunità di privilegiare i piccoli interventi per coinvolgere più imprenditori, sulla urgenza di intervenire nel comparto idrogeologico, finora ha prodotto solo un risultato: non ha fatto partire nessun investimento né sulle piccole che sulle grandi opere, soprattutto a causa della frammentazione dei centri di spesa e la moltiplicazione delle responsabilità da stazione appaltante su un numero infinito di soggetti, questa è la vera differenza che corre tra una grande ed una piccola opera.  La conseguenza di questo pregiudizio culturale, sempre invocato da quei Governi che preferivano la logica assistenzialista, la logica del mantenimento delle soglie di povertà per ottenere un riscontro immediato legato a politiche di “breve termine”, utili solo per un recupero di un gratuito ed immediato consenso elettorale, è all’origine del neo pauperismo che attanaglia in una logica mortale molte delle aziende di costruzione anche di media dimensione in Italia. Il Governo Renzi ed in modo particolare la gestione del Ministro Delrio ha spento ogni aspettativa su ciò che un Governo dovrebbe possedere e cioè la propria visione strategica del Paese nel medio e lungo periodo. Delle sette “chiarezze” da me prima elencate, nessuna è stata adottata negli ultimi quattro anni: ad esempio quella sulle risorse disponibili è quella più disattesa e direi più preoccupante perché, finora si è preferito annunciare delle disponibilità teoriche presenti in Leggi di spesa, ma con una reale disponibilità di cassa lontana nel tempo e, inoltre, trattandosi di Fondi comunitari, con una copertura della quota pubblica nazionale sempre annunciata e mai, in maniera puntuale, coperta. D’altra parte è nota l’altalena degli annunci di risorse assegnate per l’apertura di nuovi cantieri, la ricchezza solo mediatica e sistematica presente su Il Sole 24 Ore di rilevanti coperture (140 miliardi dichiarazione del settembre 2015, 112 miliardi dichiarazione del 2016, 122 miliardi del 2017 con una copertura immediata di 47 miliardi per il 2018, ecc.)

Tutti annunci formulati dai Ministri Delrio e De Vincenti, tutti dati ampiamente riportati da Giorgio Santilli su Il Sole 24 Ore; tutti dati che però lo stesso Santilli ha dovuto rivisitare integralmente ammettendo, proprio pochi giorni fa, che negli ultimi quattro anni non si sono attivati interventi per oltre 24 miliardi.

Sulle altre “chiarezze” è necessario far presente che non aver ancora abrogato l’attuale Codice degli Appalti (strumento illegittimo come più volte da me denunciato) testimonia una chiara volontà dell’attuale Governo a non riattivare concretamente il comparto delle infrastrutture sia per le grandi che per le piccole opere e l’ANCE continua a credere che attraverso parziali correzioni sia possibile raggiungere un buon compromesso; dico all’ANCE che qualsiasi compromesso sull’attuale codice è un fallimento per l’intero settore. L’ANCE rischia in tal modo di scomparire.

Per quanto concerne, gli impegni assunti con le Regioni e con le Aree Metropolitane sempre dai Governi della passata Legislatura, in particolare negli ultimi quattro anni, sarebbe bene convincersi che quegli impegni sono completamente privi di copertura finanziaria. Il caso relativo, ad esempio, alle risorse per le “periferie” pari a 1.600.000 milioni di euro inizialmente presenti in appositi “patti” firmati da Presidenti e Ministri, sempre della passata Legislatura, e poi scomparsi nei primi mesi dell’attuale Legislatura e poi ricomparsi, testimonia da solo la preoccupante assenza di credibilità di organi dello Stato, delle relative capacità pianificatorie.

Infine, in merito alle necessarie “chiarezze”, quelle relative alla fase autorizzativa e a quella realizzativa, nonché alla organizzazione ed alla competenza degli organismi istituzionali, penso sia necessaria una urgente ed immediata fase di trasferimento di competenze alla Presidenza del Consiglio; in fondo l’unico organismo che nel tempo ha garantito una “sintesi” delle volontà e delle strategie è proprio il CIPE ed è solo inconcepibile che a questa sintesi si arrivi cercando di aggregare tessere provenienti da Dicasteri diversi per costruire sofferti e spesso discutibili mosaici finali. Ed è inconcepibile che tutto questo poi possa essere ancora rivisitato da organismi nati per essere uguali a quelli esistenti o per rendere solo più tortuosa e difficile l’approvazione di un’opera, come l’ANAC o l’Autorità di Regolazione Trasporti, o la stessa Corte dei Conti.

Ragionare su tutte queste “chiarezze”, renderle vere e misurabili potrebbe portare  fuori il Paese da questa triste stagnazione.    

4 commenti

  1. Sarebbe molto utile avere gli ottimi articoli in forma anche di pdf, facilmente scaricabile e conservabile. Complimenti sempre ed un caro saluto per il 2019. Livio Dezzani Torino

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  2. Secondo me il problema è molto grande ed articolato per poterne dare una soluzione semplice ed univoca. Per cui ben vengano le proposte ed i suggerimenti fin qui elencati ma, sempre a mio modestissimo parere, bisognerebbe iniziare da un serio ed articolato controllo della esistenza,consistenza, organizzazione, funzionalità ed efficienza delle innumerevoli strutture tecniche disseminate per non dire polverizzate sull’intero territorio nazionale. Infatti bisogna assolutamente cominciare per prima cosa fare funzionare bene quel che già esiste e ci costa, sia in termini economici che organizzativi. Fatto ciò ci si potrà sbizzarrire con tutte le proposte ed iniziative nuove che si riterrà opportuno presentare ed intraprendere.

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  3. Caro Ercole,dobbiamo dare più spazio a queste “lectio magistralis” anche per dare una mano a migliaia di disoccupati e ad altrettanti che ne stanno per arrivare da un settore delle opere pubbliche oramai moribondo.

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