PERCHÉ È UTILE CHE LA CONFERENZA STATO REGIONI COMPRENDA I RISCHI DI UN FUTURO VICINO

Spesso commettiamo un errore: parliamo di territorio dimenticando che questa parola contiene al suo interno realtà territoriali differenti, assetti gestionali diversi, obiettivi strategici spesso contrastanti, emergenze spesso non capite e non adeguatamente valutate. Questa gratuita sottovalutazione ci porta ad invocare con la massima urgenza il coinvolgimento della Conferenza Stato Regioni. A tale proposito ritengo utile ricordare sinteticamente che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano opera nell’ambito della comunità nazionale per favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e quella delle Regioni e le Province Autonome, costituendo la “sede privilegiata” della negoziazione politica tra le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie regionali. In realtà la conferenza Stato-Regioni:

  • è la sede dove il Governo acquisisce l’avviso delle Regioni sui più importanti atti amministrativi e normativi di interesse regionale;
  • persegue l’obiettivo di realizzare la leale collaborazione tra Amministrazioni centrale e regionali;
  • si riunisce in una apposita sessione comunitaria per la trattazione di tutti gli aspetti della politica comunitaria che sono anche di interesse regionale e provinciale

L’elemento più importante e, al tempo stesso, più filtrante delle scelte che reciprocamente assumono il Governo o la singola Regione, è la capacità di “governare” davvero ciò che genericamente chiamiamo “territorio”. Allora le Regioni ubicate nell’area settentrionale del Paese come il Piemonte, la Lombardia, la Liguria, il Veneto ed il Friuli Venezia Giulia hanno preso coscienza che il ritardo accumulato negli ultimi quattro anni nella realizzazione delle opere relative all’asse ferroviario ad alta velocità Genova – Milano (Terzo Valico dei Giovi) e Brescia – Verona – Vicenza – Padova e alla velocizzazione della tratta Venezia – Trieste, nonché quelle relative agli assi autostradali Pedemontana Lombarda, Pedemontana Veneta e Autobrennero (A22), produrrà un danno legato essenzialmente alla saturazione degli attuali assi ferroviari e delle reti stradali. Senza volere entrare nel merito e nella quantificazione del danno ricordo che il completamento di questo articolato impianto trasportistico era stato alla base delle motivazioni che avevano portato la Unione Europea ad avallare l’inserimento di queste opere nei due Corridoi Comunitari delle Reti TEN – T (Trans European Network); in particolare il Corridoio Mediterraneo ed il Corridoio Genova – Rotterdam. Le singole Regioni prima richiamate avevano creduto nella essenzialità e nella urgenza di tali opere da aver sottoscritto sin dal 2004 apposite Intese Generali Quadro con il Governo, strumenti che, a tutti gli effetti, si configuravano come veri “rogiti” in quanto contenevano le risorse disponibili e le tempistiche entro cui completare le opere. Dal 2004 fino al 2014 il quadro delle disponibilità è rimasto sempre coerente con le Intese sottoscritte e anche la cadenza temporale è stata sempre rispettata. Dopo il 2014 sono venute meno una serie rilevante di risorse ed è cambiato integralmente l’arco temporale entro cui realizzare le singole opere. Questa serie di inadempienze da parte del Governo avrebbe dovuto portare le Regioni a bloccare formalmente gli atti economici sottoposti dal Governo in Conferenza Stato Regioni, mi riferisco, solo a titolo di esempio, al Documento di Economia e Finanza (DEF). Spostandomi al Centro Sud scopriamo la tragica stasi o lentezza operativa con cui si portano avanti interventi come l’asse autostradale Orte – Mestre, come l’asse ferroviario ad alta velocità Napoli – Bari o Palermo – Catania, come l’asse stradale Jonica. Tutti interventi inseriti in apposite Intese Generali Quadro sottoscritte dalle Regioni Veneto, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Anche in questo caso le Regioni avrebbero dovuto bocciare ogni atto propedeutico al Disegno di Legge di Stabilità. Ora, purtroppo, non possiamo neppure recuperare questo periodo di folle stagnazione perché nei prossimi tre anni le risorse presenti nelle tabelle della Legge di Stabilità ultimamente approvate non solo non assicurano nuove risorse ma, addirittura, ridimensionano in modo sostanziale quelle assegnate dai precedenti Governi.

Ed è inutile e, al tempo stesso, irresponsabile l’atteggiamento, sia dell’attuale Governo che dei precedenti, di assicurare la disponibilità di risorse pari a circa 140 miliardi di euro nei prossimi anni. Un volta tanto sarebbe bello che il Governo e, nel caso specifico, il Ministero dell’Economia e delle Finanze rendesse ufficiali le cadenze temporali delle disponibilità finanziarie dei prossimi tre anni per le opere infrastrutturali: scopriremmo che dei teorici 140 miliardi di euro nel prossimo triennio ci sono forse solo, per le infrastrutture, appena 6 miliardi e, cosa ancor più grave, nella trattativa del nuovo budget comunitario 2021 – 2027 il nostro Paese si presenta con un bilancio assurdo e vergognoso di non speso nel periodo 2014 – 2020 di oltre il 78%. Come sarebbe interessante che accanto al non facile dibattitto e confronto sulle nuove “autonomie” le Regioni rivendicassero anche un ruolo strategico chiave nel discutere e nel vincolare lo Stato nell’attuazione di scelte determinanti per la crescita del “territorio”. Voglio ricordare che il concetto della “intesa” divenne forte proprio a valle di una impugnativa di alcune Regioni alla Corte Costituzionale sulla Legge 443/2001 (Legge Obiettivo) e il Decreto Legislativo 190/2002 superò questa anomalia proprio inserendo lo strumento dalla Intesa Generale Quadro. Quindi questa ricchezza giuridico – amministrativa ha reso forte sia la singola Regione che la stessa Conferenza Stato Regioni; una forza che, purtroppo, non solo non è stata utilizzata negli ultimi quattro anni, ma che se non usata subito rende irreversibile il progressivo crollo delle caratteristiche socio economiche di ogni ambito regionale e il “territorio” da concetto geo economico torna ad essere banale definizione geografico.

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