QUANDO FINIRÀ QUESTA GESTIONE POLITICA FOLLE ED ASSURDA DEL CENTRO SIDERURGICO DI TARANTO

Penso sia utile, per capire il livello preoccupante raggiunto dal dibattito sull’impianto siderurgico di Taranto, leggere attentamente le dichiarazioni di alcuni membri dell’attuale Governo. Leggiamo prima con la massima carica di laicità e senza pregiudizi quanto dichiarato da coloro che gestiscono o hanno gestito nell’ultimo periodo la cosa pubblica. Comincio da Mario Turco Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla Programmazione economica ed agli investimenti.

  • In particolare, il Sottosegretario, originario di Taranto, in un’intervista al quotidiano Il Foglio ha detto: “Anziché pensare solo all’acciaieria, la mia città deve puntare su uno sviluppo delle infrastrutture e sull’autonomia universitaria. L’ILVA è stata una risorsa nei decenni passati, certo, ma da ormai troppo tempo è piuttosto un incentivo alla paralisi economica della città. Si può scommettere sulla cantieristica navale, Fincantieri potrebbe occupare alcuni degli spazi oggi in dotazione dell’acciaieria. E poi sempre in quell’area si può favorire la nascita di una piattaforma logistica dell’agroalimentare, fare dei grandi padiglioni fiera per attrarre capitali stranieri.” E ancora “In merito al famoso scudo penale è stato ripristinato lo stato di diritto, sopprimendo quello scudo. Quanto a Mittal sulla reale intenzione dell’azienda di rilanciare lo stabilimento nutro da tempo le mie perplessità. Da economista constato che in un momento in cui il mercato dell’acciaio è in forte crisi Mittal arriva a Taranto e pianifica un investimento così oneroso su degli impianti talmente vecchi che andrebbero chiusi e rifondati. Per me lo stato di diritto viene prima di tutto e bisogna essere onesti e riconoscere che in ogni caso i 15.000 dipendenti dell’ILVA non tornerebbero più. Al massimo con la nuova gestione si arriverebbe a 5.000 occupati. Quello che serve ora è un accordo di programma per la riconversione economica e industriale della città”.
  • Il Ministro del Mezzogiorno Giuseppe Provenzano in una intervista rilasciata al Corriere della Sera ha tra l’altro ribadito “Nel Governo c’è piena condivisione della natura strategica dell’ex ILVA, altro che preparare la chiusura” e ancora: “Ricordo che Taranto non è solo l’acciaio. Lavoriamo a rilanciare il porto con la ZES, a rigenerare la città
  • La ex Ministro Barbara Lezzi (M5S) subito entra in questo confronto e precisa: “Chiedo come intenda procedere il Governo per agevolare la produzione di acciaio. La idea che mi sono fatta è che si stia utilizzando la solita tecnica della denigrazione perché i vari Provenzano e Bellanova sono privi di visione, lontani dai cittadini, troppo proni alle multinazionali”.
  • Ma intanto nell’ultimo incontro con i Sindacati i due Ministri Patuanelli e Provenzano hanno ribadito “la siderurgia è fondamentale per Taranto e per tutto il Paese non possiamo abbandonare la produzione di acciaio. Ci impegniamo a garantire la continuità produttiva dell’ex ILVA
  • Il Segretario della CISL Bentivogli però ha fatto presente che “l’Amministratore Delegato dell’attuale centro siderurgico ha davanti due strade: consolidare la produzione di acciaio a 4 milioni di tonnellate annue, che significa ridurre l’organico di 5 mila persone o, dopo il pasticcio fatto dal Senato sullo scudo legale, fare letteralmente le valigie
  • La Ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, si è aggiunta in questo dibattito essendo di un comune vicino a Taranto, precisando:” L’attuazione del Piano ambientale e del Piano industriale è l’unica condizione per tenere insieme ambiente, lavoro e salute. Diversamente il rischio è un danno enorme per Taranto che non può diventare una seconda Bagnoli, un danno per migliaia di lavoratori, per le imprese italiane che hanno bisogno di acciaio di qualità a prezzi competitivi” –
  • Infine, l’ex Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, rivolgendosi alla Ministra Bellanova, ha chiesto: “Teresa, perché avete votato anche voi contro lo scudo penale che abbiamo varato insieme? Piegarsi anche su questo ai 5 Stelle e al Governatore della Puglia Emiliano è indignitoso

Nell’ottobre del 2017, cioè due anni fa, in un mio blog dal titolo “FACCIAMO DI TARANTO LA SINGAPORE DEL MEDITERRANEO” ebbi modo di ribadire: Stiamo inseguendo da molti anni un obiettivo davvero utopico: bonificare l’impianto siderurgico dell’ILVA di Taranto e garantire una produzione di acciaio di almeno 9 milioni di tonnellate l’anno.

Nel 2017 erano passati ormai quasi otto anni da quando si era deciso di avviare un processo di bonifica e di rivisitazione dell’impianto, si erano susseguiti tanti atti giudiziari, erano ancora in corso processi, era stata fatta una gara internazionale per scegliere un nuovo gestore; dopo quel lungo ed articolato periodo, dopo quel lungo percorso procedurale apprendemmo, sempre due anni fa, che colui che si era aggiudicata la gara, per poter rendere competitivo l’impianto siderurgico, doveva necessariamente mettere in “cassa integrazione” un numero rilevante di addetti, in realtà doveva ridimensionare di oltre 6.000 unità lavorative il livello occupazionale. Quella presa d’atto di nuovo bloccò l’iter procedurale e, al tempo stesso, allontanò una ipotesi di soluzione, a regime, di un nuovo impianto siderurgico. Una soluzione cioè con almeno 12.000 addetti, con 9 milioni di tonnellate di acciaio prodotti ogni anno e, soprattutto, con un impianto rivisitato integralmente e con un tasso di inquinamento basso, anzi bassissimo.

Ricordai, e con me lo fecero tutti coloro che più esperti di me erano davvero conoscitori di impianti industriali, che questa ipotesi ottimistica non poteva essere ritenuta valida da nessuno degli addetti ai lavori ed era pura testardaggine continuare a non volere accettare che un ciclo produttivo come quello dell’acciaio, dopo un arco temporale di 50 anni e con azioni di controllo dei livelli di inquinamento limitati, necessitava di una rivisitazione strutturale ed infrastrutturale costosissima; talmente costosa che conveniva cambiare sito e realizzare un nuovo impianto. Invece preferimmo, sempre due anni fa, illuderci ed illudere che con una serie di interventi saremmo stati in grado di regalare di nuovo all’area tarantina un impianto moderno.

Ma nessuno, preciso nessuno, ha invece accettato di seguire un itinerario alternativo, forse anch esso utopico, anch’esso difficile, ma almeno in grado di aprire su questa realtà strategica della mia terra, la Puglia, delle possibilità di cambiamento geo-economico significative.

L’ex Ministro Calenda, nel suo ruolo di Ministro dello Sviluppo Economico disse che sarebbe stato opportuno produrre un Piano industriale del Paese. Questo corretto convincimento, ebbi modo di ricordare, avrebbe dovuto portare ad una presa d’atto della nostra dimensione produttiva di acciaio. Un simile approfondimento ci avrebbe fatto anche capire quanto fosse limitata la dimensione produttiva non solo del nostro Paese ma di molti altri Paesi della Unione Europea e quanto fosse irraggiungibile la dimensione produttiva di Paesi come la Cina. Riportai in proposito i dati di produzione dell’acciaio nel mondo dal gennaio all’agosto 2017: Cina 566 milioni di tonnellate, Giappone 69 milioni, India 66, USA 54, Corea del Sud 47, Russia 46, Germania 29, Turchia 24, Brasile 22 e Italia 15 milioni di tonnellate. Questi dati da soli dimostravano quanto fosse modesto il peso del nostro Paese nel mercato mondiale dell’acciaio.

In modo provocatorio prospettai una ipotesi senza dubbio sconcertante ma, ritengo, meno di quella che stavamo e stiamo illudendoci di attuare, dissi cioè: perché non facciamo di Taranto la Singapore del Mediterraneo; perché non trasformiamo l’area industriale e l’impianto portuale, in una enorme piastra logistica franca.

L’attuale impianto siderurgico si estende per 15 milioni di metri quadrati, più del doppio della stessa Taranto, sviluppa al suo interno 190 chilometri di nastri trasportatori, 50 chilometri di strade e 200 chilometri di ferrovia. A queste enormi dimensioni, a queste enormi potenzialità infrastrutturali corrisponde una movimentazione quasi inesistente.

La dimensione della piastra logistica di Singapore è di poco superiore a quella di Taranto ma, in termini di movimentazione, è sufficiente un dato: quasi 36 milioni di container nel 2018; tutti i porti messi insieme del Mediterraneo si attestano su un valore di 30 milioni di container.

Costruendo una piastra logistica analoga al porto di Singapore non toglieremmo nulla ai porti del nostro Paese, al massimo ridimensioneremmo la crescita dei porti di Damietta, del Pireo e di Algesiraz.

 

Ebbene, dopo il dibattito di questi giorni, dopo l’elenco di dichiarazioni da me sinteticamente riportato da cui emerge una preoccupante contrapposizione tra membri del Governo e tra membri dello stesso schieramento politico, prende corpo una obbligata invocazione al Presidente della Repubblica perché eviti che la incapacità ormai consolidata di chi attualmente gestisce la cosa pubblica ricada in modo irreversibile sulla città di Taranto e sul suo hinterland.

Mi fermo a questa realtà e non invoco il Mezzogiorno ed il Paese, mi fermo su una popolazione che in questi ultimi dieci anni è stata sistematicamente illusa da schieramenti politici locali e nazionali incapaci, schieramenti che hanno anteposto la capacità di aggregare il consenso all’interesse comune. Il Presidente Mattarella deve dire basta e deve chiedere formalmente al Governo una proposta capace di annullare queste vergognose altalene programmatiche. Il Presidente della Repubblica deve sapere che:

  • per bonificare davvero l’impianto siderurgico occorrono oltre 4 miliardi di euro,
  • per mantenere in efficienza l’impianto, con una soglia di produzione non superiore ai 5 milioni di tonnellate l’anno, occorre ridimensionare il numero di lavoratori dagli attuali 9.000 a circa 4.500 unità
  • che il ridimensionamento prima richiamato comporta un onore di circa 1,3 miliardi di euro per forme agevolate di prepensionamento
  • che per bonificare le fasce residenziali della città, tra cui in particolare il quartiere Tamburi occorrono almeno 600 milioni di euro

Queste risorse pari globalmente ad oltre 6 miliardi di euro rappresentano un valore che nessuna azienda privata potrà mai sostenere, è un costo che può e, prima o poi, dovrà sostenere lo Stato

Pensare allora alla mia proposta è un modo per sognare un futuro impossibile per il sistema territoriale di Taranto, della Puglia e dell’intero Paese? Forse si; però un simile approccio non si innamora di itinerari perdenti in partenza, di programmi che non hanno il coraggio di ammettere che le logiche gattopardesche quali quelle finora adottate nel “sistema Taranto” producono solo danni alla crescita ed allo sviluppo della Puglia e dell’intero Paese.

Sarebbe davvero triste se fra due anni dovessi essere costretto a riscrivere lo stesso blog; purtroppo con la fauna politica degli ultimi anni è molto probabile.

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