FORSE È UTILE CONOSCERE BENE LA STORIA DEL Mo.SE.

Una premessa su cosa sia il Mo. SE.:

  • è un’opera realizzata in mare e come tale è un’opera che una volta avviata non può essere sospesa perché bloccando l’avanzamento dei cantieri significa perdere in modo irreversibile quanto realizzato
  • è un’opera che per rilevanza ingegneristica, per complessità, per eccellenza tecnologica può configurarsi come “opera unica”
  • la finalità dell’opera: annulla il rischio di perdere un patrimonio della umanità e, quindi, la necessità che l’intervento si completi davvero in tempi certi
  • non ultima va considerata la particolare rilevanza dell’impatto ambientale; siamo in presenza di un intervento che è stato sottoposto ad una Verifica di Impatto Ambientale straordinario e su cui l’Unione Europea ha dato precisi vincoli e effettuato precise ottemperanze

Questa rilevanza dell’opera e questa coscienza della sua indispensabilità si trasforma da idea in opera solo dopo 37 anni (per evitare dubbi o interpretazioni non esatte ripeto trentasette anni) e si trasforma in cantiere solo con la Legge Obiettivo (Legge 443/2001). Rivendico oggi, di fronte a quello che è successo dopo il 2014, il ruolo e la funzione della Struttura Tecnica di Missione; senza la Struttura Tecnica di Missione e senza l’istruttoria del CIPE e senza l’approvazione del CIPE noi saremmo praticamente rimasti fermi alla vecchia logica delle perizie di avanzamento parziale delle opere, alla logica della difesa della laguna fatta di segmenti di opere. Nel 2001, infatti, nel Programma delle Infrastrutture Strategiche della Legge Obiettivo fu inserito il progetto del Mo.SE e nessuno, assolutamente nessuno, ritenne credibile, all’epoca, che saremmo riusciti a garantire le risorse adeguate per consentire la realizzazione organica di un’opera che avrebbe evitato, in futuro, di perdere un patrimonio della intera umanità. Nessuno oggi rammenta che dal 1966 (data della grande alluvione + 194 centimetri) al 2001 l’approccio a questa grave e drammatica emergenza era stato affrontato solo in termini di approfondimento progettuale, in termini di definizione procedurale ma mai con una logica programmatica fatta di impegni certi e di volontà a scala di Governo.

Prima che partisse concretamente un simile intervento veniva spesso criticata l’incapacità di realizzare grandi infrastrutture mirate alla difesa del suolo e alla difesa di realtà uniche al mondo come Venezia. Essendo inoltre Venezia considerata patrimonio dell’Europa è assurdo che le risorse destinate dal nostro Paese per la realizzazione di una simile opera, non debbano essere esterne ai vincoli di Maastricht.

Pochi nel 2001 capirono quale dimensione avesse questo intervento che, grazie anche alla Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, divenne “cantiere” per cui ad esempio basta evidenziare anche solo due numeri: la realizzazione di un’isola di 9 ettari alla bocca di porto di Lido e 15 Km il fronte dei cantieri a terra e a mare. Questo fenomeno della intelligenza ingegneristica non poteva e non doveva rimanere un bene fisico, ma doveva e deve diventare una occasione per vendere al mondo una simile esperienza e sicuramente il mondo universitario prima o poi dovrà appropriarsi di una simile irripetibile esperienza per trasformarla in un vero laboratorio internazionale.

E’ utile ricordare che non è stato facile garantire la copertura delle risorse necessarie per realizzare le opere che hanno uno sviluppo pluriennale, anche qui basta evidenziare un  unico dato: il costo del Mo.SE. era di 5.493 milioni di €, lo Stato ha garantito fino al 2014 la copertura di 4.867 milioni di €, cioè l’87% e mancava poco, sempre nel 2014, per completare la più grande opera puntuale del  dopoguerra

Una facile critica è legata ai tempi di realizzazione: senza dubbio 11 anni stimati inizialmente per realizzare il Mo.SE (l’avvio vero della costruzione è del 2005) sono tanti ma visitando il complesso di opere che caratterizzano l’intero sistema ci si convince che era stato davvero un miracolo se entro il 2014 si era arrivati ad un avanzamento dell’87%. La vastità dell’opera e le difficoltà costruttive e tecnologicamente singolari non potevano, infatti essere comparate con opere civili di tipo classico.

E’ per cui anche utile precisare che dal 2005 al 2014 tra occupati diretti ed indiretti il dato occupazionale generato da questo intervento aveva superato le 4.000 unità, ma un’opera del genere non è paragonabile ad una infrastruttura che una volta realizzata fa crollare i livelli occupazionali; un’opera come questa sia a livello manutentivo e gestionale, sia a livello scientifico assicura livelli occupazionali altissimi.

La mia esperienza in qualità di responsabile della Struttura Tecnica di Missione del Dicastero si è conclusa il 31 dicembre del 2014, ritengo che, insieme a tutti coloro che hanno fatto parte di tale Struttura, si sia riusciti ad annullare una facile e gratuita critica quella di non seguire, nella programmazione delle opere, un codice comportamentale caratterizzato dalla categoria delle “priorità”. Il Programma della Legge Obiettivo fino al 31 dicembre del 2014 aveva realizzato non 400 interventi come spesso viene ribadito giornalisticamente, ma solo 80 opere già appaltate o cantierate o completate per un valore di circa 80 miliardi di €. Penso che nessuno possa mettere in dubbio la priorità di una opera come il Mo.SE, come il passante di Mestre, come il Brennero, come la Torino – Lione, come le metropolitane di Torino, Milano, Roma, Napoli, come la Salerno – Reggio Calabria, ecc.

Voglio concludere con una precisazione: è senza dubbio grave che il Governo per oltre 37 anni abbia sottovalutato il drammatico rischio che una città come Venezia viveva sistematicamente, ma è ancora più grave quello che è successo dal 1° gennaio 2015 ad oggi.

Pietro Nenni ripeteva spesso “Le idee camminano con le gambe degli uomini”; nel caso del Mo.SE. forse dal 2015 in poi sono scomparse le gambe degli uomini preposti all’attuazione dell’opera.

IL Mo.SE. – UN LUNGO E COMPLESSO ITINERARIO – DAL 1966 AL 2014
 Lo Stato italiano ha dato il via libera al Mose al termine di un lungo iter progettuale e decisionale durante il quale il sistema di paratoie alle bocche di porto è stato confrontato con numerose soluzioni alternative. Il Mo. SE.  è risultato l’unica opera in grado di rispondere ai precisi vincoli e requisiti richiesti: assicurare la difesa del territorio dagli allagamenti, non modificare gli scambi idrici alle bocche di porto, non avere pile intermedie fisse nei canali alle bocche di porto, non interferire con il paesaggio, non interferire con le attività economiche che si svolgono attraverso le stesse bocche.
1966, 4 novembre. “Acqua granda”. Marea a +194 centimetri. Tutta Venezia è invasa da 1 metro d’acqua
1973. Prima Legge speciale (legge n. 171). La salvaguardia di Venezia e della sua laguna è proclamata “problema di preminente interesse nazionale”
1975. Appalto concorso internazionale per trovare una soluzione idonea ad assicurare la difesa di Venezia e della laguna. Partecipano 5 gruppi di imprese con 6 progetti
1979, 22 dicembre. Acqua alta a +166 centimetri
1980, 14 gennaio. Il Consiglio Comunale di Venezia, all’unanimità, auspica che sia convertito in legge il decreto del Governo che autorizza l’allora Ministero dei Lavori Pubblici all’acquisto dei progetti presentati all’Appalto concorso.
1980, 10 marzo. Acquistati i progetti dell’Appalto concorso, il Ministero dei Lavori Pubblici incarica sette professori universitari per redigere un progetto di fattibilità (il cosiddetto “Progettone”) delle opere necessarie “per conservare l’equilibrio idrogeologico della laguna e per abbattere le acque alte nei centri storici”.
1981. I professori incaricati consegnano l’elaborato che prevedeva di regolare le maree mediante restringimenti fissi alle bocche di porto, integrati da dispositivi mobili
1982, 27 maggio. Il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici approva il “Progettone” (voto n. 209)
1984. Seconda Legge speciale (n. 798). La legge introduce il Comitato di indirizzo coordinamento e controllo delle attività per la salvaguardia di Venezia (“Comitatone”). Date la complessità ed eterogeneità dei problemi da affrontare e la necessità di un’azione coordinata e sistemica in grado di  assicurare l’unitarietà degli interventi in laguna, la legge introduce anche, per l’esecuzione delle attività di salvaguardia, che ricadono nelle competenze dello Stato, lo strumento del concessionario, poi identificato nel Consorzio Venezia Nuova
 1989, luglio. il Magistrato alle Acque attraverso il Consorzio Venezia Nuova completa il “Progetto preliminare di massima delle opere alle bocche di porto per la regolazione dei flussi di marea” (Progetto “REA, Riequilibrio E Ambiente”). Il progetto è inserito nel più vasto Piano generale degli interventi relativo all’insieme delle attività per la salvaguardia di Venezia, di competenza dello Stato
1990, 20 marzo. Il “Comitatone” autorizza il Magistrato alle Acque a procedere alla successiva redazione del Progetto di massima, la cui elaborazione viene avviata all’inizio dell’anno seguente.
1992. Terza Legge speciale per Venezia (n. 139). La legge fa riferimento al Piano generale degli interventi, per il prosieguo delle attività per la difesa di Venezia e la tutela dell’ecosistema lagunare.

 

1995, 4 luglio. Il “Comitatone”, recependo le richieste del Comune di Venezia, delibera di assoggettare il Progetto di massima delle paratoie mobili a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) “straordinaria”, affiancando alla Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente un Collegio di Esperti di livello internazionale.
2001, 15 marzo. Il Consiglio dei Ministri, dopo la lunga e articolata procedura di VIA del Progetto di Massima, delibera di passare alla definitiva progettazione esecutiva del sistema Mose.
2001, 6 dicembre. Il “Comitatone” delibera all’unanimità che si dia corso al completamento della progettazione delle opere mobili e che contestualmente siano progettate le opere complementari richieste
2003, 3 aprile. Il “Comitatone” decide all’unanimità il passaggio alla realizzazione del sistema Mose per la difesa di Venezia e della Laguna dalle acque alte. Vengono aperti i primi cantieri alle bocche di porto lagunari.
2005. E’ stipulato un atto contrattuale tra lo Stato (Ministero delle Infrastrutture – Magistrato alle Acque di Venezia) e l’ente attuatore (Consorzio Venezia Nuova) che stabilisce un prezzo chiuso per la realizzazione delle opere del Mose, cioè definisce costi e tempi certi dei lavori.
2006, novembre. Il “Comitatone” delibera di procedere al completamento delle opere del Sistema Mose, chiudendo la procedura di valutazione tecnica aperta nei mesi precedenti in seguito alla presentazione da parte del Comune di Venezia (Sindaco Cacciari) di 13 “alternative” al Mose.
2007/2012. Alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia procedono, fino al completamento, i lavori fuori terra e soprattutto subacquei per predisporre le parti strutturali necessarie all’installazione delle barriere
2012, gennaio. All’Arsenale nord di Venezia viene messo in piena attività il Centro di controllo per la gestione del Mose, già operativo dal 2011, dove si assumeranno tutte le decisioni per il funzionamento delle paratoie.
2012, maggio / settembre. Vengono posati i “cassoni di alloggiamento” che formano la base della prima barriera mobile alla bocca di porto di Lido nord.
2013 giugno / luglio. Vengono installate le prime 4 paratoie del Mose alla bocca di porto di Lido nord
2013, 12 ottobre. Prima movimentazione delle 4 paratoie alla bocca di porto di Lido. E’ un passaggio decisivo per il completamento del Mose.

 

 

 

5 commenti

  1. Io credo che questo articolo dovrebbe diventare una lettera aperta da far pubblicare su un quotidiano per permettere a tutti di conoscere realmente fatti che la maggior parte ignora completamente.
    Grazie

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    1. Benissimo, attendevo con ansietà una tua sintesi sulla lunga e complessa storia per la realizzazione del “MOSE” tornato alla ribalta a seguito dell’ennesimo allagamento di Venezia. Ancora una volta gli organi di informazione ed i “tromboni” politici ne hanno parlato come una calamità casuale (?) con ricorrenza sporadica ed imprevedibile ed, in tale contesto, qualcuno si è anche ricordato di un certo “MOSE”, la cui realizzazione apparirebbe – banalmente – rallentata per la cronica incapacità realizzativa oltre ad intervenute distrazioni criminose di quote dei finanziamenti destinati alla realizzazione dell’opera oggi tanto auspicata. Di fronte alla constatata superficialità sia nel trattare la problematica dell’acqua alta a Venezia, sia per la riscoperta dell’impellente necessità di proteggere il “bene umanitario” della Laguna e sia per la scarsissima conoscenza della consistenza tecnologica del “MOSE” e del relativo iter seguito per la definizione della tipologia più idonea ed, ancor più, per la definizione dei relativi processi realizzativi, sarei d’accordissimo nel divulgare l’articolo storico-amministrativo, specialmente nei confronti di tanti giornalisti, “professoroni di tutto”, che si atteggiano spavaldamente ad accusare soggetti, magari designati, per “non aver fatto” o “aver fatto male”. A questo punto però, si dovrebbe fare anche qualche considerazione in merito al fatto che, fermo restante il corso della Giustizia al riguardo di comprovate azioni criminose, si dovrebbe anche capire perché ancora una volta ci si è fatti trovare impreparati di fronte all’evento catastrofico pur essendo già state definite da tanto tempo le opere di protezione.1

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