Negli ultimi anni sul tema infrastrutture e risorse la semantica utilizzata dai diversi Ministri, Presidenti del Consiglio, Capi di maggioranza ed opposizione, racconta molto più di quanto non si possa capire sullo stato dell’arte dello sviluppo economico connesso al sistema dei trasporti. Dall’attuale Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dall’ex Presidente del Consiglio Renzi, dagli ex Ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti Delrio e Toninelli, dalla attuale Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti De Micheli e dal CIPE nella seduta del 24 luglio 2019, i vari annunci, i vari comunicati ufficiali hanno annunciato una disponibilità di risorse pubbliche per la realizzazione di infrastrutture che varia tra un minimo di 46 miliardi – 55 miliardi di euro ad un massimo di 120 miliardi di euro.
Poi i vari analisti, i vari organismi preposti alla verifica delle reali disponibilità di “cassa” e non di quelle legate a gratuiti impegni programmatici scopre e ci fa scoprire che al massimo nel prossimo triennio possiamo contare su una disponibilità globale, ripeto sempre per il prossimo triennio, di appena 10 miliardi di euro. Un volano di 10 miliardi di euro per tutto il comparto infrastrutture e dei lavori pubblici (reti ferroviarie, stradali, opere di difesa idrogeologica, risorse per gli interventi nelle Regioni, nei comuni e nelle aree metropolitane, ecc.) articolato in ben tre anni , di cui uno solo, il 2020, con cassa per circa 800 milioni. Ma ciò che sconcerta di più è che inizialmente giornali di grande spessore economico avevano creduto e pubblicizzato al massimo queste coperture finanziarie e avevano addebitato sempre la mancata spesa alla lentezza burocratica e al proliferare di contenziosi portati avanti dal mondo imprenditoriale. In tutti i miei interventi pubblici attraverso i miei Blog e attraverso mie note formali inviate anche all’ANCE, ho sempre raccontato la grave carenza di risorse ed ho cercato sempre di dimostrare, in modo analitico e dettagliato, sia le reali disponibilità, sia cosa significasse dover rispettare le clausole legate alla disponibilità di “cassa” e non di “competenza”. In fondo le mie dichiarazioni erano ritenute solo un “gratuito e generico allarmismo mediatico” fino a quando sono state riprodotte non solo da diversi organi di stampa ma, soprattutto, da tutti coloro che direttamente o indirettamente sono preposti alla gestione delle risorse pubbliche.
Quindi da oggi in poi siamo sicuri che i 46 miliardi, i 55 miliardi e i 120 miliardi annunciati come disponibili purtroppo erano, sono e rimangono solo fake news; notizie non vere che sono servite, per cinque anni, a convincere e ad illudere il mondo delle costruzioni che, prima o poi, sarebbe partito questo rilevante volano di disponibilità. Ora però che è venuto meno questo storico bluff istituzionale, ora che sappiamo anche che le limitate risorse di “cassa” disponibili (mediamente 12 miliardi di euro all’anno) erano state assegnate per onorare quello che nei prossimi anni definiremo come le azioni fallimentari delle ultime due Legislature e cioè l’elenco della spesa per consumi di parte politica sono stati, a partire dal 2015, “80 euro per i salari bassi”, il “reddito di cittadinanza” e il “quota 100”, finanziati con fondi destinati agli investimenti alimentati dalla Legge Obiettivo. Ora che quella riserva di fonti finanziarie ed impegni dello Stato al finanziamento di opere comincia a vacillare, ora che tutti i soggetti variamente interessati alla dinamica della spesa in infrastrutture dalle varie stazioni appaltanti all’ANCE e alla Confindustria, tutti si sono convinti che l’attuale Codice Appalti è un vergognoso strumento procedurale, e tutti stanno appurando che la Legge Obiettivo non era, come la definiva l’ex Presidente dell’ANAC dott. Cantone, una “Legge criminogena”, ma una Legge organica in grado di garantire davvero avanzamenti nella realizzazione delle opere e nella relativa spesa, diventa urgente uscire da questo falso spazio mediatico e definire proprio con il mondo delle costruzioni (ANCE, Confindustria) e con il Sindacato un vero e misurabile Piano delle emergenze.
Anche in questo caso però è necessario valutare la semantica delle parole usate nei comizi e nelle dichiarazioni: se il Sindacato parla di emergenza, è perché ha ben chiaro in mente che l’attuale Codice Appalti è uno strumento “ammazzalavoro”; il senatore Renzi propone un Piano Shock, come se il problema fosse solo l’accelerazione e non il contesto sbagliato disegnato da quel Codice e nel quale è relegato l’intero settore produttivo delle costruzioni. Più modestamente ritengo che si debba parlare di rottura, di un vero e proprio Crash Program cioè di uno strumento più articolato che sia in grado di:
- identificare una modalità tecnica per aggregare risorse. Lo Stato dovrebbe istituire un Fondo Rotativo Opere Pubbliche. Un Fondo rotativo che si ricarica perché le nuove opere che si realizzeranno per un decennio produrranno un pedaggio da versare al Fondo in modo da consentire il necessario flusso di cassa per un parziale recupero degli investimenti e, in qualche caso, un relativo dividendo
- rivedere integralmente l’utilizzo e la gestione delle risorse comunitarie alla luce delle nuove direttive comunitarie che ridisegneranno integralmente il Programma del Fondo Sviluppo e Coesione 2021 – 2027, anche alla luce del fatto che la nuova Commissione europea non ritiene che gli investimenti del new green deal debbano essere fuori dal calcolo del deficit ai fini di Maastricht.
- istituire una stazione istruttoria e appaltante unica per un quadro di interventi coerenti alle seguenti logiche:
- ragionare per logiche di intervento e di investimento nei macro territori
- identificare solo opere su Reti TEN – T
- classificare solo gli interventi già supportati da appositi iter istruttori: (VIA, Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Conferenza dei Servizi, CIPE, Corte dei Conti)
- scegliere tra gli interventi previsti dai vari strumenti programmatici (Contratto di Programma ANAS, Contratto di Programma Ferrovie dello Stato) o tra gli interventi supportati da appositi Partenariati Pubblici Privati (PPA)
- inserire in uno strumento legislativo in corso di approvazione un capitolo dedicato ai Provvedimenti di snellimento procedurale per il quadro degli interventi inseriti nel Fondo Rotativo Opere Pubbliche (FROP)
Molti diranno che sarà un problema identificare un corretto elenco di opere con le relative priorità, ma questa critica penso possa essere superata dal fatto che il filtro prospettato è effettivamente oggettivo e questo dovrebbe ridimensionare sostanzialmente una simile preoccupazione.
Purtroppo l’attuale Governo ha anticipato già che farà ricorso ad un “cronoprogramma”, termine da utilizzare se la distribuzione di responsabilità fosse riconducibile solo alla operatività delle singole pubbliche amministrazioni in campo, il che significa fare ricorso ad un tipico “impegno del nulla”. Il Governo avrebbe dovuto invece individuare un GANTT, cioè una road map fatta di tante azioni da coordinare per giungere allo sviluppo. Ma questo avrebbe avuto senso in presenza di idee, di obiettivi e di vincoli molto chiari di cosa sia l’interesse generale del Paese. Ormai siamo abituati a simili impegni e, solo a titolo di esempio, ricordo che sono già passati più di tre mesi dall’insediamento dell’attuale Governo e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e siamo stati già riempiti di “impegni del nulla”, gli impegni ricchi di sapore elettoralistico.
Se fossimo in presenza di interlocutori istituzionali seri dovremmo attenderci: le dimissioni di tutti i vertici delle associazioni di categoria coinvolte. Almeno per la dignità del settore che hanno avuto la pretesa di rappresentare e di lasciare affondare, senza aver fatto nulla per evitare il fallimento, e legittimando con i propri uffici studi le balle raccontate dai Ministri e dai media; le dimissioni di chi ha dichiarato criminogena la legge obiettivo, non solo i vertici di ANAC ma anche tutti i rappresentanti politici in parlamento e in senato che l’hanno ripetuto, i magistrati che ne hanno fatto azioni di persecuzione giudiziaria, e gli esponenti delle forze dell’ordine che hanno orientato e diretto indagini basato su questo assioma; le dimissioni dei vertici sindacali che di fronte a queste fake news non sono scesi in piazza con i lavoratori colpiti dalle conseguenze di una distrazione di fondi da parte di amministratori bancarottieri e demagogici; le dimissioni dei vertici della gran parte dei media che i questi ultimi cinque anni hanno fiancheggiato e consentito la distruzione economica e morale del settore.
Ma seppur in tempo di avvento tutto questo non lo vedremo e probabilmente gli 800 milioni per il 2020 finiranno in stipendi inutili per il rilancio del settore.
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I soldi ci sono ma mancano capacità e volontà
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