Purtroppo ci avviamo verso un periodo di instabilità internazionale; una instabilità caratterizzata da molte situazioni o di natura bellica o di natura politico – istituzionale; nel primo caso le più pericolosi sono quelle legate ai teatri bellici della Libia, dell’Iran, della Iraq, dello Yemen, della Siria e dell’Afghanistan; nel secondo caso i più rilevanti sono quelli in corso nella regione di Hong Kong, in Venezuela, in Brasile e in Argentina. Sono i più noti e i più attuali ambiti critici del pianeta che se non superati con azioni diplomatiche e con adeguati strumenti di natura anche macro economica rischiano di riaccendere teatri bellici talmente diffusi da mettere in crisi l’intero sistema socio – economico mondiale. Senza dubbio non possiamo non soffermarci su una peculiarità degli ultimi trenta anni passati: sorgono tanti focolai bellici e diventano quasi cronici; una volta le guerre avevano un inizio ed una fine oggi, invece, difficilmente assistiamo alla fine di guerre iniziate; ma non possiamo sottovalutare anche quelle forme di instabilità interna come ad esempio quella in corso ormai da quattro anni in Venezuela.
Il nostro Paese si preoccupa soprattutto per la sudditanza negli approvvigionamenti energetici e nella esplosione del fenomeno migratorio e non si preoccupa, invece, che questa diffusione di crisi così gravi contiene anche un altro fenomeno davvero preoccupante che è legato alle logiche di approvvigionamento e di distribuzione dei prodotti
Ultimamente il pianeta ha scoperto la Supply Chain Management (SCM), cioè ha scoperto la necessità di controllare e gestire un processo articolato e complesso, che segue tutte le fasi a partire dalle materie prime e continua con la realizzazione del prodotto finito e la sua gestione di magazzino, e termina con la fornitura del prodotto finale al cliente.
Per generazioni, le diverse soluzioni per la supply chain sono rimaste strumenti isolati, gestiti da professionisti specializzati che hanno lavorato per rendere più efficiente un determinato processo o sistema. La comparsa dei computer ha introdotto l’uso di soluzioni da Supply Chain Management consentendo alle stesse di adattarsi alle necessità e di iniziare a soddisfare le crescenti esigenze di globalizzazione. I software SCM consentono di migliorare la gestione del magazzino, tracciare i movimenti delle merci, fornire informazioni a supporto delle decisioni. Va detto che l’arrivo di Internet ha modificato il funzionamento dei tradizionali sistemi per la supply chain. I consumatori negli ultimi anni hanno preferito interagire con i prodotti in qualsiasi anello della catena del valore. I vantaggi sono diventati sempre più evidenti e misurabili in Visibilità (La supply chain consente di conoscere la posizione dell’inventario, ogni pallet, ogni pacco e ogni unità, dal produttore allo stoccaggio, al trasporto fino allo scaffale del negozio. ); Agilità (L’evoluzione del mercato richiede di agire rapidamente): Costi operativi inferiori (I sistemi SCM integrati consentono di tralasciare l’ambito informatico in modo da poterti concentrare sulle decisioni fondamentali dell’azienda.); Gestione del ciclo di vita del prodotto (In tal modo è possibile sviluppare e commercializzare prodotti redditizi.); Pianificazione della supply chain (Una soluzione di pianificazione della supply chain aiuta a stare al passo con i cambiamenti del mercato,); Produzione (Il sistema snellisce il processo di produzione attraverso la visualizzazione e la evoluzione delle transazioni controllando nel contempo i costi.)
Tutto questo nuovo sistema, carico non solo di globalizzazione ma di controllo continuo, unitario e sistematico della movimentazione e della commercializzazione dei prodotti, in presenza di un sistema instabile come quello che si sta delineando in questi giorni, si trasforma automaticamente in un blocco reale mettendo in crisi l’intero mercato mondiale. In realtà questa grande innovazione tecnologica che ha ottimizzato i vari processi di import – export si trasforma, in presenza di una simile diffusa crisi bellica in varie aree del pianeta, in un vero black out.
Non preoccupa quindi solo il rischio nell’approvvigionamento energetico o in una automatica esplosione del fenomeno migratorio ma, ritengo, debba preoccupare anche e forse di più il reale rischio di un forte aumento dei costi dei prodotti o, addirittura, di una mancata disponibilità di determinati prodotti. Sicuramente non entriamo in un tunnel da guerra mondiale, ma entriamo in una fase di instabilità internazionale che, in fondo, produce fenomeni molto simili.
Forse sarebbe opportuno predisporre subito un crash program che simuli vari scenari e prospetti, per ogni scenario, possibili soluzioni utilizzando proprio la serie di fattori, la serie di vantaggi offerti dalla supply chain cercando però di reinventare alcuni elementi per superare questa fase critica che purtroppo difficilmente si concluderà in un breve arco temporale.
Non possiamo sottovalutare un dato che caratterizza il nostro Paese a scala mondiale: il valore dell’export nel 2019 è stato pari a 398 miliardi di euro e quello dell’import di 355 miliardi di euro; questo processo logistico per oltre il 75% avviene via mare. Crisi già vissute in passato come quelle che portarono alla temporanea chiusura del canale di Suez hanno inciso su tali valori per oltre il 20%. Penso quindi sia utile ed urgente approfondire sia gli accessi e sia la gestione dei nostri sistemi portuali in modo da ottimizzare al massimo i punti di ingresso e di uscita dei prodotti ipotizzando, anche, una nuova tempistica legata alla rivisitazione di alcuni itinerari delle navi. Anche in questo caso è utile ricordare che una simile iniziativa dovrebbe essere presa a scala comunitaria ma sapendo che sarà difficile garantire un simile coinvolgimento sarebbe bene e, al tempo stesso, urgente che il nostro Paese affrontasse subito una simile tematica che se non affrontata in modo organico rischia di incrinare in modo sostanziale i processi di crescita dello stesso Prodotto Interno Lordo.
Purtroppo sono quasi sicuro che un simile allarme non sarà recepito.