Ne parliamo dopo l’approvazione della manovra finanziaria, ne parliamo dopo il summit di Governo su cosa fare delle concessioni autostradali, ne parliamo dopo le elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria, ne parliamo dopo la costituzione dell’apposito organismo presso la Presidenza del Consiglio denominato Investitalia, ne parliamo dopo che la apposita Commissione, istituita dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti abbia ottenuto, da una Commissione di giuristi da lei stessa nominata, un parere sul Regolamento relativo alle procedure di affidamento dei lavori pubblici, ne parliamo dopo le elezioni regionali in Liguria, in Puglia e in Toscana, ne parliamo dopo l’approvazione del Disegno di Legge “Proroga termini”, ne parliamo dopo l’approvazione da parte del Governo dei vari Collegati alla Legge di Stabilità 2020, in particolare dopo il Disegno di Legge Collegato all’Ambiente, ne parliamo dopo il riassetto gestionale di alcune Società come l’ANAS e le Ferrovie dello Stato, ne parliamo dopo la definizione del Programma comunitario 2021 – 2027 relativo alle risorse dei Fondi Strutturali Europei, ne parliamo dopo che il Consiglio Europeo e la Commissione abbiano riformato le norme che governano i fondi FESR, Interreg, ecc., ne parliamo dopo l’assestamento di bilancio alla manovra finanziaria 2020, ne parliamo dopo la approvazione da parte del Parlamento del Documento di Economia e Finanza.
Coloro che ormai da oltre cinque anni sono al Governo del Paese continueranno a seguire questa tecnica, o meglio, continueranno a sopravvivere sposando in pieno la strategia del rinvio. Assisteranno impassibili alle grida inutili dell’ANCE e della Confindustria sulla necessità di far ripartire gli investimenti in infrastrutture, assisteranno impassibili ai solleciti, davvero ridicoli, di un Sindacato ormai appiattito sulle false promesse dello stesso Governo e forse disinformato della gravità in cui versa il comparto delle costruzioni, assisteranno da incapaci alla ormai irreversibile fine di un numero rilevante di imprese. E, cosa ancor più grave, all’interno del Governo c’è una forza politica nata pochi mesi fa su iniziativa di Matteo Renzi che continua a denunciare la urgenza di sbloccare un volano di risorse pari a circa 120 miliardi di euro già disponibili da anni, un volano che se investito in modo rilevante nel Mezzogiorno del Paese potrebbe davvero rilanciare la nostra economia. Considero grave questa dichiarazione per i seguenti motivi: purtroppo le risorse disponibili come “cassa” dello Stato nel triennio 2020 – 2022 non superano i 4 miliardi di euro e le risorse comunitarie, da spendere entro il 31 dicembre 2023, sono pari a 38 miliardi di euro (di cui circa 19 miliardi da garantire con fondi italiani). Quindi le uniche risorse vere, le uniche risorse disponibili nel prossimo triennio non superano i 23 miliardi di euro. A questa somma sarebbe stato possibile aggiungere circa 7 – 8 miliardi di euro di investimenti da parte della Società Autostrade per l’Italia per la realizzazione dell’asse autostradale “Gronda di Genova” e per la fluidificazione funzionale del nodo di Bologna, ma allo stato, dopo il crollo del ponte Morandi, questi impegni della Società Autostrade sono bloccati. Mi meraviglio che sia proprio il Senatore Renzi a dare queste notizie quando proprio nel 2014 durante il suo Governo si decise di garantire gli “80 euro” ai salari bassi annullando annualmente una disponibilità finanziaria di “cassa” di oltre 10 miliardi di euro all’anno, e mi meravigliano gli attuali apprezzamenti del Senatore Renzi alla allargamento degli “80 euro” ad altre fasce di lavoratori. In realtà il Governo continua a preferire una politica di pura assistenza clientelare, una politica di erogazione sistematica di risorse in conto esercizio intaccando, in tal modo, le possibili risorse da destinare, in conto capitale, alla realizzazione di investimenti in infrastrutture.
Ed è anche strano che alcuni membri del nuovo schieramento “Italia Viva” come il Ministro dell’Agricoltura Senatrice Bellanova critichi il “reddito di cittadinanza” e “quota 100” senza però fare nulla per annullare la assurda ed inutile perdita annuale di risorse per onorare la norma sugli “80 euro”.
Appare evidente quindi che questa logica del “rinvio” delle scelte e delle azioni concrete e necessarie per far ripartire la macchina delle Stato è del tutto diversa da quella che fino alla fine del 2014, grazie alla Legge Obiettivo, aveva aperto davvero e in molti casi concluso una serie di cantieri e, in soli 10 anni aveva investito circa 90 miliardi di euro.
Forse i vari schieramenti politici che in questi ultimi cinque anni si sono succeduti nella gestione della cosa pubblica non hanno nessuno interesse, nessuna convenienza nel costruire le condizioni di crescita del Paese e ciò sia perché gli investimenti in infrastrutture producono un ritorno solo dopo un arco temporale lungo, sia perché la base elettorale si accontenta dell’annuncio, crede ancora nelle promesse e quindi garantisce un consenso anche a governanti che ormai non sono più credibili.
Tutto questo, però, sta finendo non perché sta venendo meno la fiducia nei confronti di chi ci governa ma perché si può vivere in recessione e in stagnazione quando la maggior parte dei Paesi della Unione Europea è in recessione ed è in stagnazione ma non quando si è praticamente rimasti soli a vivere nella più grave “decrescita”, non quando si è coscienti che sta esplodendo, dopo quaranta anni, una emigrazione dei giovani italiani verso altri Paesi della Unione Europea o dell’intero pianeta.
Non so a chi raccontare questa grave situazione, non so a chi trasmettere questa emergenza perché da ormai molti anni sono venuti meno i riferimenti che in passato quanto meno erano cerniera di trasmissione di allarmi, di sofferenze di un comparto chiave della nostra economia come quello delle costruzioni: mi riferisco alla Confindustria, all’ANCE ed al Sindacato. Mi sembra quasi di scocciare, credo, addirittura, di essere ripetitivo denunciando sempre questa grave stasi imprenditoriale ed occupazionale ma lo faccio e continuerò a farlo perché voglio vedere fino a che punto questi schieramenti politici intendano costruire la “non crescita del Paese”.