LA LOGISTICA SCOPRE IL PARADOSSO DEL CROLLO DELLA DOMANDA E DELLA OFFERTA NELLA ECONOMIA MONDIALE

Spesso ho ricordato i meriti del mondo dell’autotrasporto e ho ammesso che possiamo compararlo ai cosiddetti “linfonodi sentinella” del comparto oncologico, infatti come simili linfonodi preallertano sulla esistenza di fenomeni cancerogeni o sul propagarsi di metastasi, così il mondo dell’autotrasporto anticipa le crisi economiche che si avvicinano all’interno di un sistema produttivo. Molti a questo punto diranno che non c’era e non c’è bisogno di leggere gli allarmi e le anticipazioni provenienti da tale mondo quando ormai la esplosione della pandemia ci sta facendo capire, giorno dopo giorno, non solo il crollo diffuso del nostro sistema economico, non a scala nazionale ma mondiale, ma anche sappiamo già benissimo quali potranno essere gli indicatori macro economici non del prossimo anno ma dei prossimi anni.

Però, c’è un dato, o meglio c’è un fenomeno tutto particolare che solo gli autotrasportatori stanno già da un mese preannunciando. Di solito nei processi produttivi ci può essere crisi nella offerta di determinate filiere e ciò per carenza di materiali legati a fenomeni bellici o, come nel campo del comparto agro alimentare, per crisi di natura climatiche; mentre per quanto concerne la domanda questa può essere generata da crisi finanziarie estese, anche qui da fenomeni bellici, da saturazione dei mercati, ecc. È raro, addirittura per alcuni impossibile, che ci sia un crollo contemporaneo sia della offerta che della domanda. Questo particolare fenomeno viene anticipato proprio dal mondo dell’autotrasporto, dal mondo della logistica in quanto sono gli unici a misurare direttamente nei due distinti filoni, quello della offerta e quella della domanda, la assenza di esigenze logistiche. Forse il settore sanitario, forse quello legato all’utilizzo di tecnologie avanzate come lo smart working, forse la filiera alimentare manterranno soglie produttive accettabili ma tutto rientrerà sempre all’interno di una offerta produttiva sommatoria di attività di nicchia. La produzione industriale di auto, di acciaio, di semi lavorati ed in genere di componentistica varia, di arredo e di fashion, la produzione di servizi legati al comparto turistico, subirà una rivisitazione sostanziale nella intera articolazione produttiva e questo il comparto della logistica lo sta descrivendo e, in parte, vivendo già adesso.

Altrettanto avverrà in modo sempre più crescente sul fronte della domanda: il crollo dei consumi legato all’effetto “insicurezza sociale” è così elevato da portare automaticamente ad un contenimento delle esigenze, e quindi della domanda, talmente elevato da creare una vera stasi di ogni forma di acquisto se non legato ad una banale logica della “sopravvivenza”.

Il crollo della movimentazione delle merci senza dubbio è l’indicatore immediato di una simile crisi e qualcuno si chiederà quale sia il merito della logistica e in particolare degli autotrasportatori, la risposta è proprio quella di essere “linfonodi sentinella” cioè capaci di preallertare la formazione di possibili metastasi.

In realtà sono gli operatori della logistica, in queste gravi emergenze, a conoscere in anticipo la crescita o il fallimento di determinate filiere produttive e, soprattutto, i cambiamenti di determinati siti, di determinate piastre logistiche; sono loro, in realtà a conoscere in anticipo le forme di sopravvivenza sia delle nicchie di offerta, sia delle nicchie della domanda e a delineare possibili evoluzioni sull’import – export. In particolare proprio sull’import – export alla fine di marzo il Centro Studi della Confindustria ha ribadito alcuni punti: esportiamo un terzo dei nostri prodotti; i nostri mercati principali sono ad Ovest ovvero Francia, Germania ed USA; da soli non esportiamo molto in Cina (solo il 3% ovvero 13 miliardi), ma vendiamo ai tedeschi componenti che vanno a formare le vetture vendute a Pechino e Shanghai; grazie alla manifattura abbiamo un forte surplus commerciale, secondo solo alla Germania.

Sulla base di tali punti fermi il Centro Studi della Confindustria prevede una perdita di almeno 50 miliardi del nostro export e tutto questo comprometterà e allenterà le catene internazionali di produzione e favorirà il commercio internazionale per singole aree; in fondo assisteremo ad una “globalizzazione per aree”.

Ebbene questa vera rivoluzione nelle nuove linee di produzione e di mercato il mondo della logistica, la famiglia degli autotrasportatori, lo ha subito compreso e già in più occasioni ha denunciato, ad esempio, il forte crollo che vivremo nella filiera “fashion” o in quella più complessa e articolata della componentistica.

Sarebbe, quindi, miope ed irresponsabile non seguire le scelte che proprio in questi giorni il complesso e poliedrico mondo della logistica sta cercando di fare. Sicuramente le grandi preoccupazioni non sono solo quelle legate alla organizzazione dei collegamenti tra aree di produzione e aree di consumo quanto tra piastre logistiche (porti, interporti, ecc.) e le aree mercato. Sono sicuro che ormai appare evidente al mondo dell’autotrasporto che molti siti o scompariranno del tutto o sicuramente andranno rivisitati integralmente. Questa rivisitazione sarà evidente anche in nodi logistici storici come il porto di Ravenna, o il porto di Gioia Tauro, o il porto di Taranto o il porto di Livorno o come le piastre logistiche di Parma, di Nola Marcianise, ecc. Sicuramente qualcuno dirà che anche il comparto ferroviario relativo al trasporto delle merci subirà un simile cambiamento ma i collegamenti ferroviari superiori ai 500 – 600 chilometri non vivranno in modo rilevante un simile processo; al massimo potranno per alcuni versi ottenere dei vantaggi legati proprio alla ottimizzazione dei processi di accumulo e di distribuzione delle merci in determinate aree.

Questo approccio, forse molto superficiale, denuncia però un fatto inequivocabile: per molti anni il disegno che avevamo immaginato di collocazione dei vari nostri nodi logistici, il disegno del nuovo ruolo del Mediterraneo, le modalità di organizzazione della distribuzione, andranno non rivisti ma reiventati integralmente. In fondo forse se lo sapremo fare sarà un bene.

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