IL GRANDE PARADOSSO

Ora che il ponte sullo Stretto di Messina non è stato più inserito nel Recovery Plan, ora che non è stato neppure inserito nel Piano parallelo, ora che il grido di dolore dei titolari delle due Regioni non è stato, per l’ennesima volta, preso neppure in considerazione dal Governo (tra l’altro neppure se avanzato da una Regione a statuto speciale come la Regione Sicilia), ora che la Unione Europea ha capito che l’Italia non crede in questa opera, non crede cioè in una opera condivisa ed apprezzata dalla stessa Unione Europea, ebbene ora che il film è finito, consentitemi di enunciare il grande paradosso, un grande paradosso che sconvolgerà, a mio avviso, le menti intelligenti, le menti mature del Paese.

Il paradosso è questo: immaginate di progettare un’opera, immaginate che l’opera venga approvata da tutti gli organi competenti, immaginate, addirittura, che si comincino anche a realizzare alcune parti dell’opera e immaginate, però, che l’opera si blocchi per una crisi economica e quando tale crisi termina immaginate che lo Stato ritenga opportuno rimeditare e approfondire la soluzione tecnica. Immaginate che si ricominci ad approfondire una soluzione tecnica diversa e quando tale soluzione sia scelta, cioè fra 4,5,6 anni immaginate che ci sia una Ministra De Micheli di turno o un Ministro Giovannini di turno che ritengano opportuno approfondire la ultima soluzione perché essendo passati 4,5,6 anni ci sono nuovi materiali sul mercato, ci sono nuove tecniche costruttive.

Non è il gioco dell’oca perché questo che ho descritto è purtroppo una storia vera che abbiamo vissuto per il ponte sullo Stretto; sì è un vero paradosso che penso generi solo un senso di vergogna nella gente perché non riesce a capire le motivazioni di un simile paradosso, cioè non riesce a capire, a mio avviso, perché un simile paradosso sia vero.

Penso che questa mia banale ma vera denuncia se sarà letta dal Presidente del Consiglio Mario Draghi produrrà quanto meno un senso di sconcerto perché il Presidente sa bene che questa opera è solo osteggiata per motivi di schieramento e non per motivi oggettivi e questo fa paura e preoccupa perché sarebbe bene scoprire chi è o chi sono, stando in Sicilia, i “pupari” che gestiscono questo sconvolgente paradosso.

Io ho vissuto in prima persona la difficile esperienza relativa alla approvazione ed all’avvio dei lavori dell’Alta Velocità, ho vissuto i difficili passaggi legati alle conferenze dei servizi con cui sono stati approvati i progetti, conferenze che prima della Legge Obiettivo si concludevano positivamente solo con il voto unanime, ho vissuto la serie di processi penali e civili, però alla fine si sono realizzati già circa 900 Km di nuovi assi ferroviari ad alta velocità e nei prossimi quattro – cinque anni si completeranno ulteriori 250 Km. Altrettanto è avvenuto e sta avvenendo per il nuovo collegamento ferroviario Torino – Lione; anche in questo caso abbiamo assistito ed assistiamo ad un dissenso locale supportato da uno schieramento politico tuttavia l’opera si sta realizzando. Invece per il ponte sullo Stretto vige il grande paradosso; perciò nasce spontaneo chiedersi perché? Forse perché la mancata crescita del Mezzogiorno fa bene ad una parte del Paese.

Sono sicuro che il Presidente Draghi comprenda invece che un simile paradosso non fa bene al Paese e questo anomalo e disomogeneo comportamento dello Stato nei confronti del Mezzogiorno incrinerà sempre più la volontà della gente del Sud di sentirsi davvero integrata con il resto del Paese e, come ho detto in un mio recente blog, questo grave comportamento dell’organo centrale rafforzerà sempre più il tipico localismo geografico; cioè il Sud rimarrà sempre più un Sud slegato dal resto del Paese.

2 commenti

  1. Condivido praticamente sempre quello che scrive e spesso la cito sul mo blog. In questo caso però non sono d’accordo.
    Questi soldi che servirebbero per il ponte – 4, 5, 6 miliardi probabilmente di più – sarebbero meglio spese per esempio per altre opere pubbliche, ce ne sono a iosa da fare, su tutto il territorio nazionaale. E verrebbero spesi per le PMI che quei lavori rifacessero rilanciando un economia al collasso. Cominciamo a rifare le strade, le scuole, gli ambulatori periferici da nord a sud distribuendo lavoro uniformemente invece che darlo a due o tre grandi committenti che poi appaltano i lavori in zone ultraconcentrate ad altre aziende border line e magari con lavoratori a nero . Quando ce lo potremo permettere faremo anche il ponte. Oggi no. Scrive uno SI TAV, SITAP, SI STRADE autentico LIBERALE DA 50 ANNI

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