Da almeno sei anni, praticamente da quando Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti era Graziano Delrio, ho denunciato una delle criticità fondamentali che caratterizza il nostro sistema degli appalti pubblici: la assoluta incapacità di trasformare in opere le varie intuizioni progettuali. I numeri riportati nel nuovo Rapporto sulla Finanza Territoriale, elaborato da un gruppo di Istituti regionali di ricerca economica e presentati alla Conferenza delle Regioni denuncia, in modo chiaro, proprio la enorme distanza tra quanto ottenuto, in termini di risorse finanziarie, dalla Unione Europea e quanto realmente assegnato e speso. Preoccupano davvero quei dati che, in modo incontrovertibile, denunciano ancora una volta una sostanziale stasi realizzativa. In particolare le gare avviate sono volate negli ultimi undici mesi al valore di 51 miliardi di euro, con un aumento del 70% rispetto ai 30 miliardi banditi nel gennaio – novembre 2021 ma questa accelerazione si è concentrata integralmente sui concessionari di reti e infrastrutture mentre non ha sfiorato i Comuni dove i bandi viaggiano allo stesso ritmo dello scorso anno.
Ed allora oggi siamo in grado di disporre di dati inconfutabili; cioè non hanno più motivo di esistere le ricche elencazioni di dati relativi a cantieri aperti annunciati fino al mese di ottobre scorso dal titolare del Dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti della passata Legislatura e possiamo leggere invece il vero stato di avanzamento. In particolare i codici identificativi delle gare censiti tutti dall’ANAC totalizzano procedure per 15,1 miliardi di euro con 4,7 miliardi di euro aggiudicati. Invece i “codici unici” che individuano i singoli progetti e arrivano prima della gara e sono censiti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze valgono 97,5 miliardi di euro e tutto questo porta ad una conclusione: per ora le gare rappresentano il 15% dei progetti. Sempre sulla base dei dati forniti dal Ministero dell’Economia si perviene alla seguente conclusione: sui 120 miliardi di euro assegnati il peso delle gare avviate si ferma al 12,6% e le assegnazioni, pari a 4,7 miliardi, coprono il 3,9%.

Ora di fronte a questi dati che non possono certo essere messi in dubbio, di fronte a questa capillare ed esaustiva analisi, non fatta certo come spesso qualche Ministro delle passate Legislature ha addebitato alla mia persona, mi chiedo con quale coraggio è stato prodotto, anche negli ultimi mesi della passata Legislatura, specialmente dall’ex Ministro Giovannini, un quadro di dati e di certezze completamente diverso e non coerente con gli avanzamenti reali.
Mi spiace che, anche in questi primi giorni della nuova Legislatura, qualche esponente del Governo abbia detto: “La Unione Europea ci chiedeva però solo in questa fase la approvazione delle riforme, ci chiedeva essenzialmente il raggiungimento degli obiettivi definiti nel PNRR e non l’apertura dei cantieri”. Evitiamo di cadere in questa ridicola trappola concettuale, evitiamo di autoconvincerci di un comportamento della Unione Europea assolutamente falso. La Unione Europea ci ha detto che per ottenere i vari anticipi, le varie tranche finanziarie era obbligatorio dimostrare il raggiungimento di determinati obiettivi ma non ha assolutamente detto “per aprire i cantieri non c’è per ora fretta”.
D’altra parte la scadenza del 31 dicembre 2026 finora non è mai stata messa in discussione e questa scadenza fa paura se si tiene conto che dal giugno del 2020 (data di riconoscimento del PNRR da parte della Unione Europea) al 2026 intercorrevano sei anni e mezzo e di questo arco temporale abbastanza lungo abbiamo fatto trascorrere un terzo di tempo senza aprire nessun nuovo cantiere. Non solo ma in molti casi ritenendoci soddisfatti di aver bandito gare di progetti che erano e sono “progetti di fattibilità”; cioè di progetti che dovranno trasformarsi in “esecutivi”, dovranno ottenere i vari pareri e sottostare a tutte le varie ed articolate procedure autorizzative.
Quindi cerchiamo, di fronte a questa non facile realtà, di rileggere attentamente il PNRR ed in questo sono sicuro che il Ministro Fitto stia cercando in tutti i modi di superare gratuiti ottimismi previsionali, e raccontiamo alla Unione Europea che oltre alla guerra in Ucraina, oltre al ritorno della inflazione, oltre alla fine anticipata della Legislatura, il nostro Paese ha praticamente perso, per una forma di atarassia endemica esplosa negli ultimi sei anni, quella tipica volontà di attuare concretamente gli obiettivi infrastrutturali fissati programmaticamente. E bisognerà, proprio grazie al fatto che finalmente esiste una governance unitaria, evitare di seguire richieste sia provenienti da altri Dicasteri o da Enti locali non adeguatamente supportate da elaborati progettuali e atti procedurali conclusi. Voglio solo ricordare a coloro che si preoccupavano di attuare le “riforme” per poter disporre delle tranche di anticipazione delle risorse che qualora non dovessimo realizzar davvero le opere entro il 31 dicembre del 2026 saremo costretti a restituire quanto richiesto ed ottenuto in anticipo.
Insisto e mi chiedo come mai nella passata Legislatura ci sia stata tanta superficialità da parte di alcuni Ministri.