La riforma dello Stato forse dovrebbe essere, in un momento così carico di emergenze e criticità, una possibile finalità presa magari da un gruppo di lavoro esterno all’intera compagine governativa e forse con una adeguata interazione con un gruppo di parlamentari di tutte le forze politiche.
Mi soffermerò solo su 5 Dicasteri: quello delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, quello della Transizione ecologica, quello dei Beni Culturali, quello del Sud e della coesione territoriale e quello degli Affari Regionali e cercherò di dimostrare la opportunità di creare un unico Dicastero quello possibilmente chiamato della “riqualificazione territoriale”. Questa ricerca di aggregazione, a mio avviso, è diventata attuale proprio seguendo la esperienza del PNRR, seguendo cioè una chiara esigenza di unitarietà della governance; questa esigenza in fondo non l’abbiamo scoperto noi ma la Unione Europea quando definendo le cosiddette “linee guida” ha chiesto che era indispensabile seguire due precise azioni metodologiche: una chiara e trasparente unicità della governance ed una sistematica organicità delle proposte.
Ricordo sempre che il Commissario per gli Affari Economici della Unione Europea Paolo Gentiloni nell’autunno del 2020 venne in Parlamento ed espose nei minimi dettagli cosa la Unione Europea voleva dal nostro Paese ribadendo più volte che sarebbe stato difficile difendere una proposta priva di una simile peculiare caratteristica. Sempre Gentiloni ricordò che dai primi elaborati (parliamo della edizione Conte 2 del novembre – dicembre 2020) queste due caratteristiche non emergevano in modo chiaro.
Fu Mario Draghi, appena insediatosi nel febbraio del 2021, a cercare di rivedere la proposta iniziale e a renderla accettabile, soprattutto, per la serie di impegni chiari relativi all’articolato sistema delle riforme. E sin dal mese di febbraio 2021 le due caratteristiche, cioè la unica governance e la organicità delle proposte sono, senza dubbio, state l’elemento più critico e, alcune volte, la causa di ritardi e di discrasie fra gli stessi Dicasteri.
D’altra parte la istituzione, nel mese di agosto scorso, del sistema REGIS testimonia proprio la esigenza di unicità organica di tutti i processi. Riporto in modo sintetico le funzioni che servono per gestire e monitorare le diverse fasi in cui si articolano le misure ed i progetti del PNRR:
Programmazione Finanziaria e Attuativa: Realizza i processi di Programmazione e Riprogrammazione delle risorse finanziarie del Piano e definisce gli indicatori e i relativi obiettivi di performance.
Gestione procedure di attivazione: Attiva le procedure volte a selezionare i progetti per raggiungere gli obiettivi previsti dal Piano.
Configurazione e gestione delle operazioni: Gestisce i progetti e le relative informazioni anagrafiche.
Rendicontazione: Rendiconta le spese sostenute per i progetti selezionati con i relativi costi maturati e gli obiettivi conseguiti.
Verifiche e controlli: Registra gli esiti delle attività di verifica e controllo, per assicurare l’ammissibilità delle spese e l’effettivo conseguimento degli obiettivi previsti dal Piano.
Processo di Finanziamento: Gestisce le richieste di erogazione delle risorse e la registrazione del relativo flusso finanziario.
Monitoraggio: Gestisce le attività di monitoraggio sia a livello di misura, mediante un monitoraggio costante e continuo di Milestone e Target, sia a livello di Progetto in relazione all’avanzamento fisico, procedurale e finanziario.
Audit di sistema e su operazioni: Gestisce gli esiti delle attività di audit di sistema, degli audit sulle operazioni e dei test di convalida rispetto all’effettivo conseguimento degli obiettivi.
Ma a questo strumento complesso capace di garantire in modo unitario diverse funzioni se ne aggiunge un altro che, per quanto concerne la realizzazione degli interventi sul territorio, consente una conoscenza dettagliata di tutte le fasi evolutive. Mi riferisco al BIM (Building Information Modeling), si tratta di un processo che utilizza un modello contenente tutte le informazioni che riguardano l’intero ciclo di vita di un’opera, dal progetto alla costruzione, fino alla sua demolizione e dismissione. Con il BIM è possibile creare un modello informativo che contiene dati su geometria, materiali, struttura portante, caratteristiche termiche e prestazioni energetiche, impianti, costi, sicurezza, manutenzione, ciclo di vita. Alla base del BIM ci sono: la collaborazione tra le diverse figure interessate nelle diverse fasi del ciclo di vita di una struttura, la condivisione digitale dei dati e l’interoperabilità degli stessi. In realtà siamo di fronte ad una vera rivoluzione concettuale delle nostre abitudini generazionali relative a ciò che finora abbiamo chiamato programmazione, pianificazione e progettazione.
Con sistemi così avanzati diventa quasi obbligato pensare o ad un apposito Ministero per l’attuazione del PNRR; un Ministero che con i due strumenti prima richiamati diventa autonomo e avoca a se le funzioni dei Dicasteri richiamati all’inizio oppure, sapendo che il PNRR non è eterno, immaginare la sostanziale riforma prospettata prima di un Ministero della Riqualificazione Territoriale.
Sono sicuro che il giorno in cui questa ipotesi dovesse essere proposta da un organo del Governo scatterà immediatamente l’effetto “tartaruga”, cioè scatterà quella tipica attività non degli schieramenti politici ma delle varie Direzioni, dei vari Gabinetti, dei vari Uffici Legislativi che denunceranno, solo a titolo di esempio:
La frantumazione delle competenze
La difficoltà nel riconoscere le responsabilità
La impossibilità di dare corso ai Decreti attuativi delle Leggi
La difficolta a definire le competenze
La difficoltà a garantire un rapporto tra organo centrale ed organo locale
Ebbene, a queste sicure osservazioni la esperienza del PNRR, almeno per le infrastrutture, aiuta; aiuta perché possiede un dato che testimonia quanto sia funzionante l’attuale macchina dello Stato nel redigere atti e norme e quanto sia incapace a trasformare una intuizione progettuale in opera; i fautori della operazione “tartaruga” ricordino sempre che in due anni e mezzo di avvio del PNRR non si è aperto un cantiere.
Ritengo utile aggiungere che un simile nuovo assetto ministeriale sarebbe sicuramente una grande occasione per il Mezzogiorno, finalmente:
Si scoprirebbero le anomale distanze tra Centro Nord e Sud per quanto concerne i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP)
Si scoprirebbero le motivazioni incomprensibili che, da sempre, hanno visto una distanza incolmabile tra reddito pro capite del Sud e reddito pro capite del Centro Nord
Le competenze dello Stato nei confronti del Sud non si limiterebbero, come avviene oggi con l’attuale Dicastero del Sud e della Coesione territoriale, ad un banale centro studi o sede per inutili convegni
Le assegnazioni finanziarie non si fermerebbero più alla soglia degli impegni percentuali mai mantenuti
I Fondi comunitari sarebbero controllati in modo capillare per evitare gli assurdi risultati vissuti negli ultimi otto anni con il Fondo di Sviluppo e Coesione 2014 – 2020 (su 54 miliardi in 8 anni si è riuscito a spendere forse 5 – 6 miliardi di euro.
L’unico fatto positivo è che il nuovo Governo non può, in nessun modo, deludere e ciò perché soprattutto la componente di destra non ha mai avuto, nella storia della Repubblica, un ruolo dominante e quindi non riuscire a “governare” si trasformerebbe in un fallimento non della coalizione ma della destra e la macchina dello Stato, cioè non quella dei Ministri ma quella, come ha detto ultimamente il professor Sabino Cassese, dei “numeri due e tre” dei vari Dicasteri, preoccupati di difendere i rispettivi ruoli, difficilmente garantirebbero alla macchina dello Stato di operare.