SPESSO FA MALE RIACCENDERE LA MEMORIA STORICA

È arrivato il momento di riaccendere la memoria storica sulla pianificazione dei trasporti nel nostro Paese; una memoria che nel caso italiano è corta e spesso si spegne specialmente quando qualcuno cerca di annullare delle fasi temporali scomode. Da trentacinque anni seguo con distinti ruoli le evoluzioni che hanno caratterizzato l’intero assetto trasportistico ed infrastrutturale del Paese e, quindi, quasi con un atteggiamento notarile, posso soffermarmi su alcuni momenti storici che hanno caratterizzato il comparto e che mi hanno visto direttamente coinvolto.

È molto facile vivere nel campo dei trasporti in logica camaleontica, cioè cercando sempre di dimenticare i propri passati difendendo comportamenti o progetti che spesso sono stati o bloccati o criticati proprio da chi in una fase diversa li elogia. Mi riferisco al Professor Ennio Cascetta che su Il Sole 24 Ore del giorno 28 febbraio ha tra l’altro ribadito:

Le Alpi sono una straordinaria risorsa ambientale e culturale, ma dal punto di vista degli scambi sono una sorta di “cintura di castità” dell’Italia che, come diceva Cavour, è un’isola circondata per tre lati dal mare e per il quarto dalle Alpi. L’anno scorso il traffico merci ai valichi alpini è stato di 161 milioni di tonnellate, più della metà del traffico internazionale di tutti i porti italiani” Cascetta poi precisa: “La risposta è nelle reti transeuropee, il Tunnel di base del Brennero e il progetto di collegamento del treno merci europeo e dell’alta velocità europea attraverso questo asse. La scelta strategica della Ue è stata quella di affidare alla ferrovia l’integrazione dei mercati e dei cittadini europei. Treni merci lunghi 750 metri e capaci di trasportare i semirimorchi per competere con il “tutto strada” per percorrenze di oltre 300 chilometri e treni Tav, con velocità di punta di oltre 200 km/h, per collegare le città europee fino a 1000 km in competizione con la strada e l’aereo”. Il professor Cascetta però dimentica che fino al 1984, anno in cui il Parlamento con la Legge 245/1984 decise di far redigere il Piano generale dei Trasporti, dei valichi esistenti e di quelli da realizzare, avevamo al massimo solo una conoscenza geografica e non avevamo alcuna coscienza strategica in grado di rendere osmotica la nostra realtà territoriale con il vasto teatro economico europeo. Il Professor Cascetta dimentica che, in quei due anni di lavoro, i massimi esperti nel comparto della pianificazione dei trasporti produssero non un elenco di opere ma un impianto strategico di finalità e di scelte tra cui i valichi ed il trasferimento di una rilevante quantità di merci e di passeggeri dalla rete stradale alla rete ferroviaria. Non consento, quindi, a nessuno di appropriarsi di meriti o di riconoscere solo oggi una simile intuizione lungimirante.  Sempre il Professor Cascetta nel suo articolo precisa: “L’Italia sta investendo molto sulle ferrovie e sui porti per completare la rete nazionale coerentemente con il programma europeo. Oggi sono attivi cantieri sul tunnel di base del Brennero, sui collegamenti ferroviari Tem lungo il Tirreno e l’Adriatico, sui raccordi ferroviari degli interporti lombardi e veneti, sui porti di Trieste, Venezia, Ravenna, Ancona, La Spezia e Livorno per un totale di circa 8,5 miliardi. Ma non bastano perché per spostare traffico dal “tutto strada” al ferro è necessaria una rete articolata ben collegata con i nodi logistici del sistema. Investimenti molto importanti per oltre 8 miliardi sono disponibili all’interno del contratto di programma di Rfi ad esempio sulla Brescia-Verona, ma i cantieri a oggi non sono attivi per le indecisioni del Governo sul completamento della rete ferroviaria. C’è veramente da augurarsi che tutte le risorse disponibili si trasformino in infrastrutture al più presto e si trovino quelle ancora necessarie per completare il sistema dei corridoi Ten e per evitare che le Alpi diventino un freno allo sviluppo economico del Paese”.  Questo elenco di opere, quella con un importo di circa 8,5 miliardi di euro, risale a decisioni assunte negli anni 2011 – 2014, cioè agli anni di attività legate alla Legge Obiettivo e che il mancato avvio delle opere sulla tratta AV/AC Brescia – Padova è legato proprio alla azione di rivisitazione avviate dallo stesso Cascetta attraverso l’operazione definita “project review”. Una operazione che in realtà ha solo bloccato l’avvio delle opere sia sulla tratta AV/AV Genova – Milano (Terzo Valico dei Giovi) che sulla Brescia – Padova. Le finalità di questa operazione erano quelle di contenere gli importi degli interventi azzerando alcune parti del progetto stesso e non ottimizzandole. In tal modo non si trattava di “project review” ma di “cut projects”, cioè di azzeramento di parti di progetti con la duplice finalità: distruggere la incisività della Legge Obiettivo e recuperare risorse per garantire al Governo di onrare le finalità assistenzialistiche. Devo in realtà dare atto al Professor Cascetta di aver bloccato il processo realizzativo della Legge Obiettivo, di aver bloccato una Legge che aveva identificato un Piano pluriennale; precisamente un Piano decennale delle Infrastrutture Strategiche. Un Piano che identificava le reti e i nodi chiave della intera offerta Paese recuperando integralmente le scelte assunte sia dal Piano Generale dei Trasporti del 1986, sia dall’aggiornamento a tale strumento del 2001. Aveva identificato i costi di tale operazione in 128,4 miliardi e aveva supportato tale scelta da una apposita Legge, la 443 del 2001, e nel 2002 aveva garantito l’avvio operativo del Piano garantendone la copertura finanziaria della prima fase attraverso la Legge 166 del 2002. Questa esperienza che, ripeto, si è avviata concretamente nel 2002, sarebbe rimasta come una interessante operazione strategica del Governo e del Parlamento ma non avremmo capito sia la carica lungimirante, sia la capacità di incidere concretamente sulla crescita del Paese se non avessimo vissuto la assurda gestione della cosa pubblica dai Governi Renzi, Gentiloni e ultimamente Conte. In realtà quello che è successo negli anni 2015, 2016, 2017, 2018 testimonia con dati oggettivi quanto sia stato deleteria l’azione del Governo e quanto sia stato grave ed immediato il riscontro sul danno diretto alla crescita economica del Paese. A tale proposito è sufficiente fare delle semplici comparazioni tra i quindici anni antecedenti alla Legge Obiettivo, cioè dal 1986 al 2001 e gli anni di operatività della Legge dal 2002 al 2014: 7 miliardi di euro nella fase antecedente l’attuazione della Legge Obiettivo e circa 84  miliardi durante l’arco temporale compreso tra il 2002 e il 2014, invece dal 2015 ad oggi appena 2 miliardi di euro.   Voglio però evitare di ricorrere a macro dati per testimoniare la differenza tra un arco temporale carico di coscienza di Stato ed un arco temporale non povero ma privo del tutto di coscienza di Stato; per questo voglio solo sinteticamente elencare come sono state canalizzate le risorse e quali sono gli interventi cantierati e nella maggior parte dei casi ormai funzionali più rilevanti:

Interventi.jpgQuindi, come detto prima, per comprendere la rilevanza del lavoro fatto dobbiamo ringraziare i Governi che si sono succeduti dal 2015 in poi. Perché fino al 2014 c’è stato quasi un effetto di trascinamento di azioni e di progetti previsti sempre dalla Legge Obiettivo, dopo abbiamo solo assistito alla stasi più preoccupante legata essenzialmente durante il Governo Renzi e Gentiloni non al Codice degli Appalti ma ad una precisa scelta strategica: assegnare annualmente circa 12 miliardi di euro invece che nella infrastrutturazione del territorio nella erogazione dei famosi “80 euro”. Una scelta che ha anche limitato la partecipazione del Paese nell’utilizzo dei Fondi Comunitari: dei famosi 47 miliardi destinati alle infrastrutture del Programma 2014 – 2020 abbiamo speso appena il 3,2% ed abbiamo praticamente perso 80 miliardi di euro. Ma il Professor Cascetta ha lasciato una difficile eredità: una eredità che capiremo proprio in questi prossimi mesi quando come anticipato in un precedente blog, bisognerà definire:

  1. le risorse comunitarie del Programma 2021 – 2027
  2. la rivisitazione e l’aggiornamento delle reti TEN – T
  3. il confronto funzionale del sistema Paese e con l’impianto One Road One Belt

Allora sarà forse necessario ammettere gli errori commessi solo per incrinare e purtroppo distruggere la carica programmatica e strategica della Legge Obiettivo, di una Legge pluriennale nata solo per garantire la crescita del Paese.

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